19 dicembre 2006

UCCISO PERCHE' AVEVA OTTENUTO I FIGLI IN AFFIDO


IL QUOTIDIANO.NET

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Reggiolo, 18 dicembre 2006 -
SI È AVVENTATO contro il marito separato della sua convivente. Davide Ravarelli, 34 anni, poco prima della mezzanotte del 30 novembre, era andato a squarciare i pneumatici dell’auto dell’ex marito in preda all’ira: quella mattina la corte d’appello di Bologna aveva negato l’affido, per la seconda volta, dei due figli minori, alla sua nuova compagna, e Davide era su tutte le furie. Questa la ricostruzione degli inquirenti sull’omicidio di Christian Cavaletti, 34 anni, imprenditore reggiano.

In auto era rimasta la sua nuova compagna, Francesca Brandoli, 33 anni, incinta all’ottavo mese. Li voleva quei due figli, che a quell’ora dormivano nella cameretta della casa dell’ex marito. Li voleva tutti per sé. Al punto da gridare al mondo intero, attraverso Internet, che nei suoi confronti c’era una congiura affinché non li potesse allevare come lei voleva.

MA I TRIBUNALI, quello di Reggio Emilia prima e quello di Bologna poi, avevano deciso dopo aver ascoltato i genitori e i periti, nominati dagli stessi genitori e dal giudice. Secondo l’ipotesi accusatoria, quella notte erano dunque tutti lì, in via Caboto, zona industriale di Reggiolo avvolta nel buio: Christian Cavaletti, 34 anni, che sarà poi la vittima di questa tragica vicenda, massacrato con venti coltellate, i due figlioletti, avvolti in un sonno profondo, la moglie separata Francesca Brandoli e il suo nuovo compagno, Davide Ravarelli, con un coltello tra le mani, arma che non verrà ritrovata.

TUTTI LÌ e protagonisti di un tragico destino. C’erano state delle liti violente in passato. Per i figli. Ma questa volta accade qualcosa di nuovo. Christian, dall’interno della casa, sente dei rumori: l’esplosione dei pneumatici che si aprono quando il coltello li squarcia. Esce di casa e scende. E’ la sua fine. Viene aggredito, ripetutamete accoltellato. Crolla, cade e il sangue esce a fiotti dal suo corpo. Nessuno può fare qualcosa per salvarlo, nemmeno una persona che accorre subito dopo l’agguato.

UNA «CIMICE», messa dai carabinieri nell’auto presa a noleggio da Francesca Brandoli e Davide Ravarelli, consente agli inquirenti di raccogliere l’ultimo di una serie di gravi indizi a carico della coppia. Lui è nel carcere di Reggio Emilia accusato di omocidio. «Per tre volte si è sottratto all’interrogatorio», ha riferito il procuratore reggiano Italo Materia. Lei invece, pure indagata di omicidio, è libera perché incinta. Così vuole la legge. Non solo, il nostro codice le consentirà di stare fuori finché il bimbo avrà 7 anni.

«L’ALTRO DRAMMA — dice il criminologo e psicologo Lino Rossi — sono i due figli minori. Occorre intervenire subito a sostegno dei nonni, a cui sono stati affidati, e anche nei loro confronti. Sono disorientati e sotto choc. Hanno perso tutti: il padre, a cui volevano bene, perché ucciso, la madre, con cui avevano un rapporto di affetto, perché coinvolta nel delitto, il convivente, nei confronti del quale manifestavano simpatia, perché accusato di aver ucciso il padre».

SOLO POCO prima dei funerali, ai due bimbi è stato detto che il padre era stato ucciso. La notte del delitto, portati via in fretta e furia dalla casa, avevano loro spiegato che il padre si trovava altrove, che lo stavano curando. Ma loro avevano intuito che era accaduto qualcosa di terribile e, mentre i grandi cercavano di tranquilizzarli, loro nella nuova casa dove erano stati portati, (e dove la madre era andata nel frattempo a reclamarli più volte) avevano iniziato a cantare una specie di nenia: papà è morto.

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