04 dicembre 2006

IL CORSERA SCIVOLA SULLE TELECAMERE A FIUMICINO E TRA QUALUNQUISMO E BANALITA' ATTERRA SULLA DISINFORMAZIONE





Non la riesce proprio a mandar giù il signor Capponi Alessandro, giornalista del Corsera, questa storia delle telecamere a Fiumicino, le telecamere che hanno immortalato l'abbraccio di Luca De Martino a suo papà dopo dodici anni.

Era il due dicembre 2006, e tutta Italia si era appena arresa all'evidenza che anche il centrodestra – vuoi pure con qualche Casini di meno - può occupare Piazza San Giovanni con, forse, un milione di persone.
Era il due dicembre, ma a Fiumicino era un'altra storia: la storia di Luca, Nicola, e di un gruppo di padri ostinati di figli negati
Erano le 19.30, e la spasmodica, quasi cardiologica, attesa di Nicola si stava sciogliendo, dopo anni, in un abbraccio pieno di luce e di gioia a suo figlio, che stava per arrivare dopo anni di deprivazione forzata del padre.
Poi Luca è magicamente comparso là, oltre quella maledetta uscita degli arrivi internazionali, e subito fra le sue braccia si è stretto Nicola, mentre una corona di operatori, fotografi, flash, immortalava quell'istante che Nicola, e noi tutti con lui, aveva e avevamo sognato e atteso per anni.
C'era la televisione, c'erano i fotografi, c'erano gli inviati de “La vita in diretta”, e c'era - soprattutto - una miriade, soffusa e dolce, di cartelli di benvenuto, di luccicanti scritte su fogli bianchi, di mani, di sorrisi e attese, e di cappellini con una sola scritta: “Papà c'è”.

Papà c'è. Papà c'è. Papà c'è.

C'erano davvero i papà e le mamme separati, c'erano con le loro attese, i loro silenzi, le loro disperazioni, le loro speranze, le loro lacrime ed il loro emozionarsi, ed erano venuti a portare a Luca non solo il loro saluto, ma anche la loro speranza, e forse, e più di tutto, il loro ostinato desiderio di credere che Luca fosse un po' anche loro, un figlio di tutti o per tutti, il figlio che tornava come sarebbero tornati tutti gli altri, tutti quei bambini che lì non c'erano e che mancavano, terribilmente (lo sa, questo, il Capponi?) ai loro genitori.
Era un'icona, Luca, un'icona per gente che per i propri figli ha pianto anche troppo, ed era anche un sorriso, dunque, ed era dunque un motivo, una speranza, una irrinunciabile decisione di continuare a lottare.

C'era, fra tante mani, fra tanti cappellini, e facce, e applausi, Giorgio Ceccarelli, di Figli Negati, instancabile organizzatore di queste rabbiose e puntigliose battaglie, e anche a lui batteva il cuore come se aspettasse un figlio suo, che dovesse tornare da quell'incubo spietato e senza senso che tutti i separati dai figli hanno vissuto e vivono: e forse aveva anche lui, il Ceccarelli dico, bisogno di un cardiologo a sostenergli il cuore, magari napoletano e magari simpatico come Alex Ciardiello di Papà Separati.
C'erano tanti altri, che hanno voluto abbracciare Luca, e in Luca la speranza di un ritorno per tutti, di un figlio lontano che – bello e sorridente e giovane come Luca – tornava anche per loro a riempire la vita dopo questo buio di separazioni, avvocati, giudici, galere, udienze, periti, diffide, querele, carabinieri e, per qualcuno, pistole spianate e manette ai polsi.

Lo hanno stretto, lo hanno tirato a sè, lo hanno voluto sentire accanto a loro, lo hanno voluto abbracciare come se fosse il figlio di tutti, tornato davvero per tutti.
Ma tutto questo il Capponi Alessandro, cronista e firma di un (ex?) prestigioso quotidiano italiano, non lo ha visto, non lo ha sentito, non lo ha scritto.
Ha visto solo le telecamere, il Capponi Alessandro, e come uno scolaretto invidioso si è imbarcato in una sorta di reprimenda morale contro il nostro Nicola: o, perlomeno, contro chi ha voluto e accettato la presenza delle telecamere, quasi facendogli una colpa di aver rubato al figlio intimità e privacy pur di avere le telecamere.
Forse –forse!- manca a lui (sic, lo pensiamo perché in un'altra vita siamo di professione psicoqualcosa) proprio a lui, al cronista, l'abbraccio affettuoso e atteso di un vero padre, e gli manca tanto da voler impedire agli altri di viverselo a modo loro.


Ci dispiace, quel che ha scritto il Capponi. E, soprattutto, ci dispiace per quel che il Capponi Alessandro non ha scritto.


Non riusciamo infatti a capire da quali premesse il Capponi, firma ben presente nelle pagine del Corse con cronache di politica interna (con all'attivo qualche divagazione sul tema genitoriale: ha pennellato della figlia di Casini in corteo antimoratti), si è lanciato dal Corsera, cioè dall'angolo in cui gli è stata relegata e regalata la notiziola di Luca-che-torna-dall'Australia, in una predica che, se proprio

volessimo - come a nostro avviso merita - grottescamente nobilitarla con termini di pseudocultura, potremmo definir di sapore neointimista, forse postmassmediatica, sicuramente esteticamente ed eticamente ancorata ad una visione postdeamicisiana quanto antidefilippiana dell'esistenza (ed emergente in terre di precultura in cui “C'è Posta per te” è diventata ormai “C'è una cam per te”).
Insomma, righe che grondano, quelle del Capponi su Luca e suo papà che si rivedono dopo dodici anni, che grondano, dicevo, prospettive tutto sommato molto politically correct e – nello specifico – di fatto molto banalmente tese a demonizzare – con ovvie e superficiali, quanto soprattutto fuori luogo – prospettive in cui la guerra ai massmedia, quella ai reality, quelle altre al bieco cameramen e al perfido paparazzo che sbattono in prima pagina anche il minore, sono guerre che si sciolgono in inutili raccomandazioni da saggio parroco postgrandefrtello di un'epoca in cui i cronisti, se non scrivono contro i reality in televisione, non sanno più di che scrivere (e si che lì a Fiumicino, in quel ritorno di Luca, di argomenti terribili certo non c'era mancanza!).
Il Capponi, infatti, nel suo articolo – articolo, si badi, di prosa linda e corretta, quasi intimista e descrittivamente pennelleggiante sentimenti delicati e rosee prospettive di rispettosa privacy - ci ammannisce infatti come vada correttamente gestito l'atteso ritrovarsi di un padre e del suo figliol prodigo, figliol prodigo che però, non dimentichiamolo mai (perché di questo il Capponi nulla ci dice, invero), venne forzatamente allontanato dal padre, e non ascoltato quando chiedeva di rivederlo:
Portato dalla madre in Australia, tredici anni di separazione: ieri l' incontro a Fiumicino Ritrovando papà (con tv), una vita dopo
Dev' essere un momento incredibile quello di un padre e un figlio che si ritrovano dopo tredici anni. Una scena emozionante, forse struggente, sicuramente intima. Da tenersi stretti e guardarsi gli occhi, e chissà se si trovano le parole. Così era lecito immaginarla fino a ieri sera. Quando, tra un padre italiano e suo figlio cresciuto in Australia, è andata in modo un poco diverso. Al Leonardo da Vinci c' erano le tv, i flash dei fotografi e decine di altri padri, quelli dell' associazione «Papà c' è». Immaginate la sorpresa di questo ragazzo italo-australiano: scende dall' aereo con i suoi jeans, la giacca di pelle, uno zaino. Sarà stato emozionato, frastornato, impaurito. E cosa trova? Il padre? Sì, certo, ma non solo. Le tv a fare interviste, i fotografi a scattare, e tutti a fargli festa. I padri dei figli contesi gli hanno subito infilato il cappellino dell' associazione. Ovviamente, i giornalisti intervistano il diciottenne. E lui, spaesato, dice quella cosa che non era impossibile da prevedere: «Non me l' aspettavo». Lui s' aspettava un padre, dei nonni, cose così, semplici ma in grado di dare quel po' di intimità necessaria per vincere l' emozione di quel momento. Invece, è arrivato in Italia. Il padre si chiama Nicola De Martino e dice d' essersi venduto «due appartamenti, una casa in campagna e pure la gioielleria, tutto, per la battaglia legale necessaria a vedere riconosciuti i miei diritti di padre». La storia è uguale a tante altre: marito, moglie e un bambino conteso. Loro si lasciano, lei è australiana e, senza neanche un biglietto, torna a casa e si porta dietro pure il figlio, all' epoca di cinque anni. Il padre però giustamente non s' arrende. Fino al finale lieto di ieri sera. Tutto, ovviamente, ripreso dalla tv. Al. Cap. Capponi Alessandro” (qua il documento originale)

Quel che ci stupisce, in tutto questo, è soprattutto che il Capponi Alessandro, che fino a qualche mese fa vantava un quotidiano arrampicarsi su note e informazioni politiche, si sia dato proprio il 2 dicembre – giorno della grande riunione a San Giovanni - alla pennellatina castigatoria e neointimista sulla disdicevole presenza delle telecamere all'arrivo di Luca a Roma.

Capponi! A pochissimi chilometri, proprio quella sera c'era la Banda BB (Berlusca, Bossi & Fini), e tu – scusa se ti diamo del tu ma è per pura scorrevolezza descrittiva – e tu, dicevo, invece di piazzarti con taccuino e matita a San Giovanni, te ne venuto (“tomo tomo cacchio cacchio”, diceva Sua Altezza Imperiale Totò) a Fiumicino, e ti sei messo poi a discettare di telecamere e di inopportunità massmediatica e genitoriale, nonchè di traumi videogenerati e videogenitoriali, quasi fossi un novello Antidefilippi che finisce a sfogarsela non contro le carrambate o le defilippate, ma - molto più prosaica/mente - contro De Martino Nicola, tecnico di azienda telefonica.
Incredibile salto di un cronista, questo, che allontanatosi dalla cesta ricolma di Piazza San Giovanni, è scivolato a connotar con banalità melense e qualunquistiche un fatterello che – da come lo descrive e lo commenta - lui ritaglia nelle porzioni della cronachetta scritta, di quella, per dire un riferimento, quasi della rubrichetta “Arrivi e Partenze”, riempita all'occorrenza di considerazioni struggentemente postculturali e pienamente però (almeno a nostro avviso) disinformative.
Perchè, ci scusi il Capponi, il suo zelo antireality, la sua pervicacia antigrandefratello, il suo slanciarsi a difesa dell'intimità violata del ragazzo, ci giunge, sic, non solo e non soltanto banale, melenso, qualunquista e stucchevole, pieno di un perbenismo correct e velatamente rosapruderie, ma, soprattutto, colpevolmente disinformante su tutti i retroscena di storie come questa. E di quello che tutte queste storie – troppe ormai – si portano dietro.
Capponi Alessandro, viene da dire, giornalista di Corsera e abile notista politico scivolato su un volo di figliol prodigo, dove eri quando a questo bambino di nome Luca strappavano il padre e distruggevano un equilibrio affettivo e psicologico impedendogli persino di rivederlo quando, esattamente due anni fa, ha chiesto alla Corte della Famiglia australiana di venire in Italia dal papà?
Hai mai scritto qualcosa per denunciare come è stato portato via da casa sua e dai suoi affetti senza nessuna tutela, senza un regolare procedimento dove ne aveva diritto, e quando alla madre è stato permesso di riportarselo via nonostante avesse commesso un evidente reato?
Capponi Alessandro, hai mai denunciato cosa accade quando a Luca, e ai tantissimi bambini come Luca, vengono distrutte le radici, gli affetti, le consuetudini, e divengono oggetto di reati legalizzati, di contese internazionali, di procedimenti nei quali – come proprio la vicenda di Luca dimostra – non viene preso in nessuna considerazione il loro bisogno di stabilità e serenità, sacrificato per anni e anni di angosce e pianti e lontananze sull'altare autoreferenziale di un sistema che tutela – attraverso l'alibi della tutela del minore – il proprio tutelare sè stesso e i propri guadagni e poteri?
Altro che privacy di uno struggente rincontrarsi.
Altro che sermoncini su queste inopportunità massmediatiche: si sfrangiano in dissolvenze struggenti proprio contro queste foto che Nicola stringe da anni, e che ridanno il senso dell'ipocrisia a questi moralismi bacchettoni che condannano le telecamere per un ritriovarsi, e tacciono ipocritamente sull'inciviltà che c'è stata prima e che continua ad essere nelle centinaia di migliaia di casi come questo.
Altro che telecamere che violano il parlarsi dopo anni. Nicola De Martino non ha potuto vedere il figlio nemmeno in webcam, in quest'epoca chattesca e cialtrona di tutele di minori solo virtuali: al figlio è sempre stato impedito avere anche un incontro Internet con lui, in web cam.
Altro che telecamere: Nicola, del figlio Luca, aveva solo due fotografie, quelle che stringe in pugno da anni.
Gli è stato tolto il diritto ad avere un padre.

Gli sono stato arrestate, insieme al padre - reo di esserselo ripreso dalla madre che lo aveva sottratto illegittimamente - tutte o gran parte dei suoi diritti e delle sue certezze.
Capponi Alessandro, ci risulta che – allora (il che è ovvio) - e adesso (il che lo è molto meno), hai taciuto su tutti gli aspetti di illegalità, illegittimità, patologica paradossalità di queste vicende emergenti dalle tragedie giudiziarie delle separazioni.
Per limitarti al sermoncino banale contro le telecamere.
Timore di criticare un sistema?
Rabbia personale contro i padri?
Difficoltà ad approfondire una notizia e ad affrontarne gli aspetti e le costanti (comuni a centinaia di migliaia di altri casi) sociologiche e giudiziarie?
La risposta non la sappiamo. Ci rendiamo conto però che il due dicembre oltre a Luca a Fiumicino sono atterrate una sconcertante banalità e un terribile e melenso qualunquismo che hanno steso un terribile velo di disinformazione su tutta la vicenda.






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