19 luglio 2006

UNA ILLEGALITA SISTEMICA E SISTEMATICA CONTRO I PADRI

Il signor M.F. è il padre di un bambino di 12 anni. Vive nel Sud di ell'Italia. Si è separato dalla moglie quattro anni fa circa, e nel giro di tre mesi si ritrovò la terribile ed infamante accusa di pedofilia.

L'Autorità Giudiziaria fu estremamente solerte con lui, nell'iniziare le indagini, e perquisì il suo studio di commercialista con molta attenzione, e - malgrado il tentativo di riserbo entro cui mantenere l'indagine - fu chiaro a tutti, impiegati del suo studio, fornitori, vicini, e, ovviamente, tutti i clienti presenti - che era indagato per pesanti reati le cui tracce si trovavano nei suoi computer.

Il solerte Pubblico Ministero provvide con gran velocità a impedirgli di avvicinarsi alla casa del figlio e della ex moglie, che aveva abbandonato alcuni giorni prima la presentazione della denuncia da parte della donna.

Ovviamente, l'accusa di pedofilia risultava costruita in toto a tavolino dalla donna, la quale, per montarla in tutta la sua evidenza, non aveva esitato a compiere ripetuti e gravi reati di pirateria informatica, riuscendo pure ad un calunnioso editing del materiale fotografico presente nei suoi computer, materiale fotografico di cui lei stessa era in gran parte autrice.

Il signor M. F. venne assolto nel giro di sei mesi. Nonostante la sua denuncia per calunnia ai danni dell'ex moglie, e nonostante l'evidente strumentalità delle accuse di questa, visibilmente create a tavolino per ritorsione alle presunte colpe dell'ex marito, la signora è andata del tutto prosciolta da ogni accusa.

Il Pubblico Ministero, che era lo stesso che aveva proceduto contro il signor M. F., sostenne che la donna aveva agito in stato di angoscia, e che dunque non era imputabile.

Non paga del suo criminale comportamento, la signora Fiorella è andata oltre: ha continuato per anni a impedire al piccolo Stefano d'incontrare il padre, nonostante il programma di recupero della relazione avviato dai Servizi Sociali, che ripetutamente avevano chiesto la donna di portare il figlio agli incontri.

Essendo tale programma di recupero della relazione con il padre il risultato di un pronunciamento del Tribunale Civile, ed essendosi resa dunque la donna inottemperante alla previsioni di un giudice, veniva denunciata dall'ex marito ex articolo 388 del Codice Penale.

Avviatesi le indagini preliminari, in breve in pubblico ministero decideva di archiviare dopo aver sentito la donna. E allo stupefatto avvocato del signor M. F., il magistrato chiariva che la donna era stata prosciolta perché la stessa era ancora angosciata da quanto accaduto e, per quanto riguardava gli incontri presso i Servizi Sociali, che la mancata partecipazione delle figlie era dovuta al fatto che lei “non aveva capito” - e questo nonostante fosse scritto a chiare lettere e a più riprese dagli operatori del servizio in questione - cosa doveva fare. E che comunque non aveva mai superato il trauma del comportamento dell'ex marito.

- E poi, il suo cliente cosa pretende! – avrebbe aggiunto il P.M. al legale dell’uomo: - guardi cosa faceva quando stava in casa con la moglie! E pretenderebbe pure che questa gli porti tranquillamente il bambino? -

Allo stupefatto legale non era rimasto che guardare i fogli della deposizione della donna. La quale testualmente aveva fatto verbalizzare che il marito era un sadico, e che quando viveva in casa terrorizzava e tormentava il figlio in vari modi, di quella donna descriveva quello secondo il quale il padre legava il figlio alla sedia per costringerlo a inghiottire tutto quello che lui non voleva mangiare, e che il piccolo vomitava appena vedeva la mamma da sola.

In altri termini, per il Pubblico Ministero le prove portate dal padre relativamente al reato commesso dalla ex moglie, non erano prove.

Le semplici dichiarazioni della donna, invece, non confermate da alcuna fonte di prova, nonchè palesemente strumentali e ritorsive, diventavano verità per il solo fatto di esser state pronunciate dalla mamma.

La storia, rigorosamente vera per quanto modificata nei particolari in modo da renderla ovviamente non riconoscibile, segna a nostro avviso uno dei tanti punti di non ritorno avverso il riconoscimento che questo sistema giudiziario si nutre di una illegalità sistematica perpetrata contro i padri (o anche, è da verificare, contro i genitori non affidatari in quanto tali).

Sono infinite le notizie di querele presentate dai padri – in genere per gravi e gravissimi impedimenti a incontrare i figli, ma anche per calunnia, e in minor numero per altri reati - che vengono “smarrite” o archiviate

Esemplare il caso del signor Luigi Gallo, di Torre del Greco, che ha presentato 104 denunce in otto anni, per non aver mai potuto incontrare i figli, e che non ha mai avuto nessuna risposta.

Ma una infinità sono gli episodi che abbiamo sentito raccontare al proposito: dalla querela per furto contro l’ex moglie, archiviata perché il denunciante (padre di due bambini cui la donna aveva sottratto del materiale da utilizzare nella causa di separazione entrando illegalmente in casa sua) doveva descrivere bene la “refurtiva”, che risultava però ben visibile in Tribunale per l’espletamento della CTU, alle tante querele disattese e di cui non si ha notizia.

Terribile il connotato giudiziario della morte di Alice Rossetti: il padre aveva presentato diversi esposti perché gli veniva impedita la frequentazione della piccola, ma nessuno ha preso sul serio le sue richieste di tutela della piccola o, quantomeno, del suo diritto a tutelarla come padre.

Ci chiediamo se il Procuratore di Roma, che ci risulta aver incontrato il padre di Alice, abbia preso qualche provvedimento di fronte a tanta palese illegittimità.

Crediamo dunque sia venuto il momento di muoversi organizzando forme di lotta civile e legale contro quella che è una palese illegalità di sistema.

Cominceremo a censire il fenomeno, recuperando le querele cestinate, disattese, smarrite, e, per quelle archiviate, verificandone le motivazioni.

Acquisita la certezza dei numeri di essere di fronte ad una sistematica violazione dei diritti umani e civili di una vasta categoria di persone, ci muoveremo nelle sedi di giustizia italiane ed internazionali per denunciare il fenomeno.

E’ ora di reimpossessarci del Diritto.

Diritto.

07 luglio 2006

I RESPONSABILI DELLA MORTE DI ALICE

L'omicidio della piccola Alice Rossetti, perpetrato in modo orrendo a Roma dal convivente di sua madre, ha sicuramente un folle colpevole – ma troppi responsabili che rimarranno impuniti.

E’ notorio che la madre di Alice e il futuro omicida della piccola impedivano da tempo alla piccola di incontrare suo papà.

E’ altrettanto noto che il papà di Alice, da tempo preoccupato per la sorte della figlia, che sentiva affidata in mani folli e irresponsabili, aveva da tempo denunciato tali impedimenti e i suoi timori all’Autorità Giudiziaria, senza però che nessun riscontro venisse mai dato alle sue denunce.

E’ dunque innegabile che Alice sia morta anche in virtù di tali omissioni, che hanno impedito a suo papà di esercitare il proprio diritto a vigilare sulla vita della figlia. Questo episodio dimostra dunque, nella sua angosciante e quotidiana drammaticità, come il padre sia garanzia di vita, e la sua assenza corsa verso la morte, e come la nostra società stia volutamente occultando il ruolo del padre in sempre più criminali delegittimazioni.

Non c’è stata, infatti, una voce che si sia levata contro questa colpevole incuria di un sistema giudiziario che, ipocritamente, si proclama sempre fondato sull’interesse dei minori, e poi disattende, smarrisce, cestina puntualmente le denunce di chi vorrebbe occuparsi dei propri figli.

Chiediamo dunque vengano puniti, con estrema immediatezza, coloro che avessero omesso di prendere in considerazione le denunce del padre di Alice, e – contestualmente – l’immediata apertura di una indagine volta ad appurare se è vero, come peraltro con estrema frequenza ci viene segnalato, che nessuna considerazione è data alle innumerevoli denunce dei genitori impossibilitati ad incontrare i propri figli e a sapere in che condizioni, e con chi, vivono.

Annunciamo poi, conseguentemente, che abbiamo dato incarico ai nostri legali di valutare la possibilità, presente o immediatamente futura, di una “action class” a tutela e a risarcimento di tutte le possibili vittime di questa incuria giudiziaria, che sembra essere la vera caratteristica di un sistema giudiziario costantemente teso a disattendere ogni denuncia sporta in caso di ostacoli al naturale esercizio della potestà e del ruolo genitoriale.

Con i risultati che la povera Alice ha subito sulla propria, infinitamente innocente e martoriata, pelle.

Gaetano Giordano

Centro Studi Separazioni e Affido Minori

Papa Separati Onlus

06 luglio 2006

UCCISA UNA BAMBINA A ROMA: IL PADRE E’ GARANZIA DI VITA

Uccisa bimba 5 anni, madre confessa

E' stato il convivente della donna

Da TGCOM, 4 luglio 2006

Ha confessato la madre della bimba di 5 anni morta nel reparto di rianimazione dell' ospedale romano Sant'Andrea, dopo essere arrivata al pronto soccorso domenica notte. Ad ucciderla, dopo averla legata e picchiata, sarebbe stato il convivente della donna, un ex assicuratore, già in stato di fermo. La piccola era stata trovata sul tavolo del soggiorno di casa in fin di vita dal medico del 118 chiamato dalla madre.

L'uomo, che ha 39 anni, è accusato di omicidio volontario. La donna, 29 anni, interrogata dai carabinieri, ha inizialmente tentato di difendere il convivente, dicendo che la figlia era caduta dalle scale. Poi ha rivelato che l'uomo domenica sera aveva picchiato la figlia, che lei aveva avuto da una precedente relazione. Una coppia tranquilla, quella che descrivono i vicini di casa di quell'appartamento in via Magnano in Riviera, nel quartiere Labaro.

Lui, M.B., separato da un anno e mezzo e con una figlia di 15 anni a lui affidata dal giudice, aveva conosciuto la donna e se ne era innamorato a tal punto che tre mesi addietro l'aveva convinta ad andare a vivere con lui insieme alla bambina. Mai il sentore di un litigio tra i due, mai un urlo fuori posto, dicono nel palazzo, dove si stenta a credere che in quella casa c'è stata una tragedia. Una coppia modello, a detta di quegli stessi vicini che lunedì a tarda sera sono intervenuti per dare aiuto all'uomo, che lavora per una società di riscossione crediti, che disperato bussava alla loro porta. "E' stato lui - ha detto la vicina di casa - a dirmi che la bambina stava poco bene. Dall'uscio ho visto la piccola in braccio alla madre. La donna piangeva, era seduta sul divano e diceva "bambina mia, non mi lasciare". Poi il consiglio da parte della donna di chiamare un'ambulanza e l'intervento di suo marito che, tornato in casa da una festa, ha trovato i medici davanti al portone e li ha ccompagnati al sesto piano del palazzo. Proprio lì, in quell'appartamento, dove la bambina era stata adagiata sul tavolo.

Inutile la corsa in ospedale; l'ambulanza davanti e la coppia a seguirli. L'inchiesta della magistratura romana è stata avviata immediatamente dopo la segnalazione dei medici del Sant'Andrea per le ecchimosi che aveva la bambina. Punto di partenza sono state le prime dichiarazioni dei conviventi, i quali in un primo momento avrebbero detto agli investigatori dei carabinieri della compagnia Cassia che la bambina si era fatta male cadendo dalle scale. Poi, nel corso di un lungo interrogatorio, la donna ha ammesso che domenica notte, così come altre volte nei mesi passati, il suo convivente avrebbe picchiato la bambina. L'uomo è stato fermato e messo a disposizione del magistrato. Dall'esame esterno sul cadavere sarebbe emerso che la bambina sarebbe stata legata prima di essere colpita violentemente, forse con un corpo contundente. Non sono nemmeno escluse fratture.

Per saperne di più occorrerà aspettare l'autopsia, programmata per martedì mattina. Saranno gli esperti dell'Istituto di medicina legale dell'università La Sapienza di Roma a verificare se sulla bambina ci possano essere tracce di violenza sessuale. Gli inquirenti avrebbero accertato che M.B., ora rinchiuso a Regina Coeli, sarebbe stato solito alzare le mani in famiglia. L'uomo ha finora escluso agli inquirenti qualsiasi sua responsabilità e per tutta la giornata ha continuato a dire che quelle ecchimosi erano dovute a una disgrazia, a una caduta dalle scale. La casa della coppia è stata messa sotto sequestro

Da Repubblica.it, 5 luglio

Roma, Alice è morta per asfissia

Eseguito l'accertamento: impossibile stabilire se ci sia stata violenza

L'uomo accusato si difende: "Non volevo la sua morte, mi è scivolata"


Il convivente: "Sembrava indemoniata"

L'autopsia: strangolamento per la pressione fatta sulla gola

http://www.repubblica.it/2006/07/sezioni/cronaca/bimba-ospedale-roma/il-convivente/il-convivente.html

Roma, Alice è morta per asfissia
Il convivente: "Sembrava indemoniata"

ROMA - "La bambina non dormiva, piangeva, era posseduta dal demonio. La madre me l'ha passata ed io per sostenerla l'ho presa per il collo". Si è giustificato così Mauro Bronchi, accusato di omicidio volontario per la morte della piccola Alice. La bambina di cinque anni deceduta nella notte tra il due e il tre luglio al centro di rianimazione dell'ospedale Sant'Andrea di Roma, dove era stata portata da una ambulanza del 118 dalla mamma e dallo stesso Mauro Bronchi.

Sentito dal gip Luciano Pugliese e dal sostituto procuratore Caterina Caputo, l'uomo, che non è padre della piccola, ha negato che fosse sua intenzione uccidere la bimba. "Era in braccio alla madre - ha detto -, piangeva, si divincolava, non riusciva a tenerla, me l'ha passata e istintivamente l'ho presa stringendola al collo ma non volevo la sua morte. L'ho afferrata per non farla cadere a terra".

Una ricostruzione che non ha convinto i magistrati e che dovrà ora essere verificata anche attraverso una serie di consulenze tecniche. Per ora di certo c'è l'esito dell'autopsia fatta dal medico legale Vincenzo Pascali che ha confermato quanto già emerso da un primo esame: Alice è morta per strangolamento provocato dalla pressione fatta sul suo collo.

Il medico legale non ha ancora potuto accertare se la bambina abbia subito violenza sessuale, per quello sono necessari ulteriori esami di laboratorio. Ha invece accertato che sul corpo ci sono segni vecchi di percosse, che fanno pensare che la bambina fosse maltrattata da tempo. Poi i medici hanno anche rilevato segni di un soffocamento molto forte, come se Alice avesse avuto una mano davanti alla bocca, uno schiacciamento del torace ed un trauma cranico. Tutti questi elementi saranno ora vagliati dal pubblico ministero che presto tornerà in carcere per sentire ulteriormente l'indagato.

(5 luglio 2006)