16 aprile 2007

GLIELO HANNO FATTO BUONO IL SERVIZIO: QUELLO SOCIALE...

La storia che segue è emblematica.

La ragazzina era stata affidata ai Servizi Sociali perchè – disagiata psichica – viveva in una famiglia senza soldi: e così – come si legge – un solerte magistrato minorile l'ha tolta alla famiglia e l'ha data a un istituto.

Il motivo, sembra risiedesse (a quel che riferisce il giornale) nella povertà della famiglia.

Ottima” idea, insomma: invece di dar assistenza e denaro ai genitori, questo Stato toglie la figlia ai genitori, la schiaffa in un istituto, e fa sì che l'istituto si becchi i soldi al posto loro.

Per quale motivo l'intervento non è diretto, ma viene privilegiato il vantaggio dell'Istituto, laddove si sa che l'intervento sul nucleo familiare è il più idoneo a aiutare la minore in difficoltà?

E, soprattutto, cosa è successo poi, dopo l'affido all'Istituto. dato che l'Istituto sembra esser stato peggio, molto peggio, della famiglia a cui l'hanno tolta?

da Repubblica.it

La tredicenne si è gettata dalla finestra ed è morta sul colpo
Era affidata da tempo ai servizi sociali. Non ha lasciato messaggi

Ragazzina si uccide a Taranto
Aveva denunciato abusi sessuali

Il patrigno: "Voglio che venga accertata la verità"


TARANTO - Una ragazzina di 13 anni si è uccisa gettandosi dall'ottavo piano di una palazzina del quartiere Paolo VI di Taranto. Una tragedia dai contorni ancora oscuri. Secondo gli investigatori la ragazzina aveva gravi problemi psichici e in passato aveva denunciato abusi sessuali. Accuse che però non avevano trovato riscontri oggettivi. Ieri sera la ragazzina era con la mamma e col papà per la giornata festiva: con loro si è recata a far visita a parenti che vivono nel Paolo VI. A un certo punto è andata in bagno, un ambiente con una finestra in alto su una parete: vi si è arrampicata e si è gettata nel vuoto. Senza lasciare alcun messaggio.

A quanto si è saputo sinora, la ragazzina, sei mesi fa, era stata messa in istituto fuori Taranto per disposizione di un giudice minorile. Il suo stato psichico, infatti, non era compatibile con la vita in una situazione economica assai difficile quale quella della sua famiglia. Una permanenza che durò pochissimo perché l'istituto non fu in grado di gestire la situazione. Poi vennero le denunce di violenze sessuali. Due gli episodi riferiti dalla ragazza: una denuncia era stata archiviata, mentre sull'altra erano in corso ancora accertamenti ma gli inquirenti fanno presente che non era stato definito alcun riscontro sinora dal punto di vista giudiziario. Questa ricostruzione viene respinta dal patrigno della giovane: "Voglio che venga accertato chi le avrebbe usato violenza sessuale e poi non credo che sia stato corretto il comportamento del medico del primo istituto, a Lecce, in cui è stata ricoverata, che l'ha fatta imbottire di psicofarmaci aggravando la situazione". Il padre naturale della ragazzina morì 1994, il patrigno ha sposato la vedova quando la piccola aveva due anni. L'uomo è convinto che la ragazza abbia subito per due volte violenza sessuale, così come aveva denunciato alla polizia. E' certo che aveva detto la verità, nonostante la prima archiviazione da parte della magistratura. "Il primo episodio - hanno spiegato lui e l'avvocato Flaviano Boccassini - risaliva a circa due anni fa: l'indagato, che non era un vicino di casa, era un sottufficiale della Marina di Napoli in servizio a Taranto. La denuncia venne archiviata, ma da quel momento lei non è stata più la stessa. Non so se ieri sera si sia lanciata volutamente dalla finestra o abbia avuto, che ne so, un malore. Non riesco ancora a crederci". Neppure don Ferdinando di Noto, fondatore dell'associazione onlus "Meter", ha dubbi sulle cause del suicidio: "Il suicidio di questa bambina, innocente e pura, somiglia alla cronaca di una morte annunciata, una martire della pedofilia che piangiamo con grande dolore". E lancia un appello al mondo della politica e delle istituzioni. "Ci rivolgiamo agli uomini di buona volontà del governo e dell'opposizione - continua il religioso - a Rutelli, a Fini, ad Amato affinché si capisca che questa continua emergenza deve finire insieme ad un'indulgenza verso chi commette crimini cosi orrendi".

"Se ci fosse stata una rete sociale più attiva - conclude don Fortunato di Noto - forse questa bambina non si sarebbe uccisa e quello che chiediamo è che parta una campagna di prevenzione e di assistenza che sia efficace e che consenta di intervenire a sostegno di tutte quelle organizzazioni sociali capaci di garantire assistenza alle vittime".

(16 aprile 2007)

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