-ovvero:
come byPASsare un mucchio di falsità sulla PAS
Vengo chiamato in causa dall'autrice (o autore?) di un blog per il mio articoletto sulle signore schiattose.
come byPASsare un mucchio di falsità sulla PAS
Vengo chiamato in causa dall'autrice (o autore?) di un blog per il mio articoletto sulle signore schiattose.
Adoro i blog anonimi, gli articoli anonimi, perfino le lettere anonime: strumenti comodissimi per chi li usa.
Io, invece, mi firmo. Sempre.
“Questo è il mio blog, la mia “casa virtuale”, e chi ci entra lo decido io”. In genere, però, sulla porta di una casa c’è un cartellino con nome e cognome dell’abitante. Si sa chi ci abita e, soprattutto, si può scegliere di non entrarci: se lo conosci lo eviti, sarebbe il motto.
Un motto? No, non era un motto. Era qualche altra cosa.
Comunque: se uno non mette il nome, dunque, un motivo ci sarà.
Chissà quale.
Premessa iniziale.
Curiosando fra quelle righe, noto che la signora (o il signore? Tutto può essere) si è spesso interessata/o a me.
Fino a leggere - non me ne ero mai accorto - che l'autrice in questione, addirittura un paio di anni fa, ha anche pubblicamente dichiarato che potrebbe essere innamorata di me, e che addirittura anche io sarei convinto di ciò.
E così - oddio! Un blog schiattoso è forse innamorato di meeeee!- la faccenda mi crolla del tutto.
Come è possibile?
Ho sessant'anni, sono sovrappeso e totalmente depalestrizzato.
Una bruttura inguardabile, insomma.
Una bruttura inguardabile, insomma.
Deve essere molto schiattoso, allora, 'sto bloggetto!
Fine della premessa iniziale.
Nel merito.
Chi ha scritto questo articolo ha dimenticato di rispondere del tutto ad alcune mie affermazioni sulla PAS, e a non sviluppare aspetti fondamentali del problema.
E cioè:
1) I negazionisti della Pas sostengono che la Corte di Cassazione neghi la validità dell'utilizzo della Pas in tribunale.
A me risulta il contrario.
Cito due sentenze.
Nella prima, la Cassazione ritiene infondato il ricorso avverso una sentenza in quanto il ricorrente non ha fornito le prove che la diagnosi di PAS fornita dalla ASL sia infondata.
Mi spiego?
Secondo la Cassazione, è vero proprio il contrario di quel che affermano i negazionisti: bisogna fornire le prove che la diagnosi di PAS sia errata, se si vuol riformare una sentenza basata sulla PAS:
“Il motivo … è sfornito di elementi idonei ad intaccare la decisione sull’affidamento motivata in ragione dell’esistenza di una sindrome da alienazione parentale (PAS) causata da pressioni paterne che avrebbero inficiato i risultati dell’audizione.
…
Nel terzo motivo è dedotto il vizio di motivazione per essere la decisione sull’affidamento stata assunta sulla base di una relazione svolta ad altri fini dal Servizio di psichiatria della Asl, cioè nell’ambito di un percorso di mediazione familiare attivato dal tribunale per i minorenni, ed irritualmente acquisita d’ufficio dalla Corte di appello senza tenere conto di altri elementi istruttori in atti. Il motivo è infondato.
La Corte di Appello, utilizzando la predetta relazione della Asl che diagnosticava una sindrome da alienazione parentale dei figli ed evidenziava il danno irreparabile da essi subito per la privazione del rapporto con la madre, si è limitata a fare uso del potere, attribuito al giudice dall’art. 155 sexies, comma 1, c.c., di assumere mezzi di prova anche d’ufficio ai fini della decisione sul loro affidamento esclusivo alla madre ...”.
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5847/13 del 08/03/2013).
Vale a dire: se la Corte d'Appello utilizza una relazione dell'ASL che diagnostica la PAS (ergo: dire che uno ha la PAS è una diagnosi), non fa altro che utilizzare il suo potere di assumere mezzi di prova (dunque: la diagnosi di PAS è una prova.)
Il dato curioso è che questa sentenza precede di soli quattordici giorni la sentenza che poi contesterà l'uso della PAS.
Da notare che la Sezione e il Presidente che le emettono sono gli stessi in entrambi i casi.
Stessa Sezione e stesso Presidente anche per l'altra sentenza di Cassazione che convalida l'uso della PAS.
In questa, siamo di fronte ad un risarcimento danni confermato anche se la ricorrente, una madre che aveva istigato la figlia a interrompere i rapporti col padre (per questo da risarcire), si era lagnata proprio della diagnosi di PAS.
Leggere per credere: una signora, condannata a risarcire l'ex marito per aver ostacolato i suoi rapporti con la figlia, e contesta la diagnosi di PAS.
La Cassazione conferma la condanna, confermando ovviamente la diagnosi.
E la citiamo tutta per sfidare chi sostiene che la Cassazione nega l'utilizzo della PAS che questa sentenza vada nel senso da loro indicato.
Richiesta che vale per la precedente sentenza citata (grassetto sottolineato mio):
“Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 maggio 2012, n. 7452
Svolgimento del processo
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi sig. D.C. e sig.ra P.M., introdotto da quest’ultima nel 2003, il Tribunale di Mantova, con sentenza del 2007, pronuncia la separazione dei coniugi e dispone altresì: l’affidamento condiviso della figlia minore della coppia, S., nata il 28 ottobre 1996, con collocamento presso la madre e con obbligo dei genitori di intraprendere un percorso di mediazione familiare, sotto la supervisione dei servizi sociali, nonché di cooperare per un miglioramento della relazione genitori-figlia; la sospensione del diritto di visita del padre dato il rifiuto opposto dalla figlia; la condanna ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. della M. - ritenuta responsabile della sindrome da alienazione genitoriale da cui era affetta la figlia - al risarcimento del danno, liquidato in € 15.000,00 in favore del marito e in € 20.000,00 in favore della figlia; il pagamento di un assegno di € 350,00 mensili, oltre alla metà delle spese mediche straordinarie, a carico del C. per il mantenimento della figlia.
La sentenza fu appellata dalla sig.ra M., che chiese revocarsi la sua condanna risarcitoria, affidarsi esclusivamente a sé la figlia minore, formalizzarsi l’assegnazione a sé della casa coniugale.
Il sig. C. resistette e propose anche appello incidentale chiedendo a sua volta l’affidamento esclusivo della figlia.
La Corte di Brescia, in parziale accoglimento del gravame principale, ha revocato la condanna della M. al risarcimento del danno in favore della figlia, per difetto della relativa domanda; ha ridotto ad € 10.000,00 il risarcimento in favore del C.; ha disposto la formale assegnazione della casa coniugale alla M.
Sulla scorta della consulenza tecnica di ufficio espletata nel giudizio di primo grado, delle relazioni degli esperti dei servizi sociali e delle dichiarazioni degli insegnanti della minore, la Corte ha confermato l’accertamento del Tribunale di infondatezza delle accuse di abusi sessuali nei confronti della figlia rivolte dalla M. al C., e, pur evidenziando i tratti di immaturità della personalità di quest’ultimo, ha fatto risalire alla prima la responsabilità del rifiuto - dalla stessa in effetti fomentato con il proprio comportamento quantomeno colposo - progressivamente manifestato dalla figlia nei confronti del padre.
La sig.ra M. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura. L’intimato non ha svolto difese.
In camera di consiglio il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente sentenza sia redatta in maniera semplificata, non ponendosi questioni rilevanti sotto il profilo della nomofiliachia.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione, si lamenta:
a) che la Corte d’appello si sia basata sulla consulenza tecnica di ufficio effettuata da una psicologa e non da un medico psichiatra, senza nulla osservare sul punto nonostante l’espresso rilievo dell’appellante, mentre nessuno degli specialisti - in primo luogo i consulenti di parte ricorrente - e degli esperti interpellati aveva condiviso la diagnosi di sindrome di alienazione parentale [attenzione! qui e sino al punto 3) escluso- viene esposto il pensiero del ricorrente, non il parere della Corte che ha rigettato proprio questa obiezione! N.d.R.*], peraltro effettuata dalla CTU solo in un secondo momento;
b) che sia stata omessa dai giudici di merito, senza alcuna motivazione, l’obbligatoria audizione della minore del cui affidamento si tratta;
c) che sia stato omesso l’esame della relazione del consulente tecnico di parte prof. Brighenti, prodotta dalla ricorrente nel giudizio di appello;
d) che la smentita delle affermazioni della neuropsichiatra dott.ssa Finardi circa la possibilità dell’abuso sessuale commesso dal padre sulla figlia era stata motivata, dalla Corte d’appello, con il richiamo non già della sentenza di primo grado, bensì di altro atto del processo quale la consulenza tecnica di ufficio;
e) che i giudici di merito avevano omesso di rilevare che il C. non aveva sporto denuncia per calunnia nei confronti della ricorrente, né i giudici stessi avevano disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, né quest’ultima aveva comunque aperto un procedimento contro la M., e che il C. aveva rivelato il proprio disinteresse per la figlia non assumendo alcuna iniziativa per superare gli ostacoli frapposti alle sue visite;
f) che la sindrome da alienazione parentale, [attenzione! qui -come prima e dopo, sino al punto 3) escluso- viene esposto il pensiero del ricorrente, non il parere della Corte, che ha rigettato anche questa, come le precedenti, obiezione N.d.R.*] allorché sussiste, deriva da una situazione di grave conflittualità fra i genitori, onde le relative responsabilità vanno ascritte a entrambi e non a uno solo di essi; inoltre la Corte non aveva considerato che non era stata affatto dimostrata la sistematica denigrazione del padre ad opera della madre, che invece era sempre stata pesantemente ingiuriata dal C., nonché fatta oggetto, assieme ai genitori, di vane denunce-querele, e nondimeno si era fattivamente impegnata, nell’interesse della figlia, a sedare la conflittualità con il marito;
g) che la condanna risarcitoria ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. era infondata, giacché il padre si era reso quantomeno corresponsabile della situazione, con la sua condotta passiva e inerte, e aveva subito anche condanna per ingiurie, lesioni e minacce nei confronti della moglie.
2. - Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo, ratificata con l. 20 marzo 2003 n. 77, e dell’ art. 155 sexies c.c., introdotto dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54, per l’immotivata omissione dell’audizione della figlia minore della coppia in relazione al suo affidamento, obbligatoria, ai sensi delle predette norme, salvo solo il contrasto con interessi fondamentali della minore stessa o la sua mancanza di discernimento.
3. - Nessuna delle predette censure può trovare accoglimento.
Va infatti osservato:
- che, con riferimento alla censura a) del primo motivo, nessuna norma impone di affidare a medici piuttosto che a psicologi le consulenze tecniche riguardanti disturbi psicologici, mentre la verifica della concreta qualificazione dell’esperto a rendere la consulenza è compito esclusivo del giudice di merito;
- che le questione dell’omissione e dell’ascolto della minore – omissione già consumata dal Tribunale - non era stata sollevata dalla ricorrente nel giudizio di appello (o almeno ciò non risulta né dalla sentenza impugnata né dallo stesso ricorso per cassazione), onde la medesima - e dunque la censura b) del primo motivo, nonché il secondo motivo di ricorso - è da considerare inammissibile in quanto nuova;
- che la censura c) del primo motivo è generica, difettando della specificazione del contenuto della relazione del consulente di parte;
- che, quanto alla censura d) del primo motivo, ben può il giudice di appello rilevare per relationem
richiamando il contenuto della consulenza tecnica di ufficio (ex multis, Cass. 04/5/2005, 2114/1995,
3711/1989);
- che per il reato le censure della ricorrente integrano pure e semplici critiche di merito, inammissibili in sede di legittimità.
4. - Il ricorso va in conclusione respinto.
In mancanza di difese della parte intimata non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. ”
A tutto ciò, va aggiunto l'articolo “La sindrome di alienazione genitoriale nelle consulenza tecniche d’ufficio: uno studio pilota”, in “Maltrattamento e abuso sull'infanzia”, vol. 7, num. 3, 12/2005, Lavadera A.L., Morasco M..
L'articolo si basa sullo studio di 24 relazioni di consulenza tecnica d’ufficio, stilate da consulenti del Tribunale Civile di Roma dal 2000 al 2004, nelle quali i C.T.U. avevano diagnosticato una PAS secondo i criteri descritti da Gardner (1992).
Non risulta che all'utilizzo di queste diagnosi sia mai stato eccepito alcunché in Cassazione, cioè che siano state riformate perché la PAS non può essere posta alla base di una sentenza.
* lo si chiarisce per evitare il c.d. "effetto Lavadera-Morasco": leggendo male e citando peggio il dopo citato articolo di questi due autori, molti di quelli che vorrebbero distruggere il concetto di PAS e di "alienazione parentale", hanno affermato il contrario di quanto sostenuto nell'articolo, e cioè che nei casi diagnosticati con PAS i test avrebbero escluso la presenza di psicopatologie. Anche questo, ovviamente, non è vero: i bambini con PAS, sostiene l'articolo, sarebbero "...maggiormente esposti a rischi evolutivi a livello emotivo e comportamentale e ad avere seri problemi nelle relazioni intime adulte."
2) Chi (non) firma l’articolo sostiene che la PAS non sia accettata dalla comunità scientifica internazionale.
A me risulta il contrario.
Ho prodotto 546 (cinquecentoquarantesei) articoli - tutti rigorosamente non anonimi - che convalidano l'uso della PAS e nessuno ha contestato nulla, né riaffermato che la Comunità scientifica rigetta l'uso della PAS (per averne un elenco: Bernet, W., Boch-Galhau, W. v., Baker, A. J. L., & Morrison, S. (2010). Parental Alienation, DSM-V, and ICD-11. American Journal of Family Therapy, 38, 76–187)
Signori: perché non dite qualcosa su questi cinquecentoquarantesette articoli? E, ad esempio, anche sulle tesi che si fanno nelle Università italiane per studiare la PAS?
Quando si sostiene che la PAS non è riconosciuta in nessuna parte del mondo, si afferma una circostanza di fatto che non risponde a verità.
Ci sono oltre cinquecento articoli e tesi di laurea a dimostrarlo, e sono articoli che riportano esperienze e pareri di centri specializzati di alto valore scientifico, pubblicati in tanti diversi paesi, e su riviste sientifiche accreditate e di prestigio, con referi e comitati scientifici di enorme spessore.
Probabilmente, il valore pressorio minimo a cui iniziare ha curare l'ipertensione (85 mmhg o 90?) ha -con tutto quello che si sposta in termini di spesa farmaceutica- meno unanime consenso a livello scientifico.
Probabilmente, il valore pressorio minimo a cui iniziare ha curare l'ipertensione (85 mmhg o 90?) ha -con tutto quello che si sposta in termini di spesa farmaceutica- meno unanime consenso a livello scientifico.
Per riassumere comunque tutti i danni che la cosiddetta “PAS” crea nei bambini, basta leggere il libro di Francesco Montecchi: “I figli nelle separazioni conflittuali e nella (cosidetta) PAS (Sindrome di Alienazione Genitoriale). Massacro psicologico e possibilità di riparazione”
3) il DSM
Il punto di solito messo avanti è che nel DSM e nell'IDC non si parla di PAS, e per questo parlare di PAS non è scientifico.
MA ..."IL DSM NON HA NULLA A CHE FARE CON LA SCIENZA".
Bene che vada, è solo un mezzo per comunicare (o disorientarsi) con i colleghi nell'ambito di una nosografia psichiatrica descritta come condivisa.
La diagnosi psichiatrica, molto più di altre mediche, è frutto delle radici culturali della società in cui si manifesta e, per la sua labilità rispetto alle oggettivazioni, può essere terribilmente influenzata da fattori estranei alla scienza: fattori economici, culturali, antropologici, sociali e politici: da questo punto di vista, l'etnopsichiatria è maestra incontestata nel dimostrare l'enorme relatività culturale -e direi geopolitica, religiosa, valoriale- della diagnostica psichiatrica.
Quello che vale a New York potrebbe non valere qui, e solo un terribile provincialismo pseudoscientifico affida al DSM e all'ICD il ruolo di fari indiscussi e obbligati della nosografia psichiatrica classica.
Inoltre, il DSM soprattutto e in parte l'ICD, sono frutto non sempre positivo e trasparente dell'ingerenza della industria farmacologica e assicurativa.
Al proposito basterà ricordare come negli anni sindromi sono scomparse (ad esempio l'omosessualità), altre sono apparse (il DPTDS, ad esempio, fu introdotto come patologia solo su pressioni delle lobby di reduci del Vietnam, il che comportò un ingresso delle assicurazioni nella gestione di questa patologia).
Sapete quante sindromi, patologie, disturbi, sono stati aggiunti negli anni al DSM? Saranno centinaia: leggete al riguardo, comunque, questo ottimo articolo di Paolo Migone, uno psichiatra e psicoanalista tra i più acuti e preparati, e meditateci: http://www.osservatoriopsicologia.com/2013/09/21/riflessioni-sul-dsm-5-paolo-migone/. Interessante e ben documentato, anche se di parte (ma comunque ben impostato) quanto si legge qui: http://www.disinformazione.it/dsm_diagnosi_inventate.htm.
Comunque, e tanto per dirne una: è grazie alla rigida applicazione dei criteri diagnostici, che i bambini USA autistici sono, in percentuale. sei volte quelli italiani.
Sapete quante sindromi, patologie, disturbi, sono stati aggiunti negli anni al DSM? Saranno centinaia: leggete al riguardo, comunque, questo ottimo articolo di Paolo Migone, uno psichiatra e psicoanalista tra i più acuti e preparati, e meditateci: http://www.osservatoriopsicologia.com/2013/09/21/riflessioni-sul-dsm-5-paolo-migone/. Interessante e ben documentato, anche se di parte (ma comunque ben impostato) quanto si legge qui: http://www.disinformazione.it/dsm_diagnosi_inventate.htm.
Comunque, e tanto per dirne una: è grazie alla rigida applicazione dei criteri diagnostici, che i bambini USA autistici sono, in percentuale. sei volte quelli italiani.
In verità il DSM è enormemente criticato proprio perché applica criteri dilatabili all'infinito rispetto alle singole patologie trattate, ed è -si legga tutto l'articolo sotto citato- il frutto di negoziazioni a suon di voto da parte di un gruppetto di psichiatri, che in caso di disaccordo votano per alzata di mano.
Avete presente cosa accadrebbe se in fisica, in medicina, in matematica, eccetera, si facesse la stessa cosa? Cioè, ad esempio, che una determinata legge fisica è ritenuta valida perché sei scienziati votano a favore e cinque contro?
E questo lo chiamate un riferimento indiscusso della "scienza"?
Per questo motivo, solo attraverso una mistificazione ideologica e culturale si può decretare che, insieme all'ICD, il DSM è l'unico riferimento da tener presente, mettendolo in primo piano rispetto alla propria scienza e coscienza.
Avete presente cosa accadrebbe se in fisica, in medicina, in matematica, eccetera, si facesse la stessa cosa? Cioè, ad esempio, che una determinata legge fisica è ritenuta valida perché sei scienziati votano a favore e cinque contro?
E questo lo chiamate un riferimento indiscusso della "scienza"?
Per questo motivo, solo attraverso una mistificazione ideologica e culturale si può decretare che, insieme all'ICD, il DSM è l'unico riferimento da tener presente, mettendolo in primo piano rispetto alla propria scienza e coscienza.
Basta leggere questo auterevole commento: il DSM non ha nulla a che fare con la scienza.
(fonte: http://www.psychiatryonline.it/node/5368 – C'è qualche psichiatra, a leggerci? Magari uno di quelli il cui curriculum è stato per trenta anni pieno solo di schizofrenia, depressione maggiore e minore, neurolettici, antidepressivi tipici e atipici, cerebropatici, tossicodipendenze, droghe, ospedali psichiatrici, e via dicendo).
“IL DSM 5 UNA TIGRE DI CARTA
…
…
Si dice che il DSM eserciterebbe tanta attrazione in molte parti del mondo perché psicologi e psichiatri sarebbero sedotti dal suo ideale di scientificità e neutralità. Ma altri sistemi diagnostici che si ispirano a questo ideale non godono della stessa autorità e popolarità. Per esempio, è il caso del Manuale tedesco OPD (Operationalized Psychodynamic Diagnostics, 2001 e 2008) sviluppato essenzialmente da psicoanalisti negli anni ‘90. Ma non è riuscito a scalzare l’egemonia dei DSM.
Credo invece che, molto più semplicemente, la ragione fondamentale della fortuna dei DSM sia il suo essere un prodotto americano. Oggi scienza, tecnologia e cultura americane in genere godono di grande prestigio in molte parti del mondo – in particolare in Italia. Le creazioni statunitensi approfittano di una rendita di posizione; l’America è un paese supposto sapere. Se lo stesso identico DSM fosse stato prodotto, ad esempio, in Russia o in Francia, non avrebbe goduto della stessa autorevolezza. Così come, nel campo della moda e del design, tutto ciò che proviene dall’Italia gode di un favore pregiudiziale.
Scoprendo subito le mie carte, dirò che i DSM, compreso l’ultimo, non hanno nulla a che fare con la scienza.
Un particolare basta per illustrare questa conclusione.
Un particolare basta per illustrare questa conclusione.
Sempre più, quando nella Task Force del DSM c’era un dissenso sulle classificazioni morbose, si procedeva a votazioni tra gli psichiatri consulenti, per cui di fatto il DSM-5 ha recepito concetti e definizioni che hanno preso più voti (Spitzer 2001). Ora, una cosa del genere non accade mai in una scienza matura. Non è che quando c’è una controversia anche appassionata – mettiamo, sulla String Theory in cosmologia – il problema si risolva facendo votare su di essa tutti i cosmologi del mondo riconosciuti dalla comunità! La fisica, la cosmologia, la genetica, …, non sono parlamentariste. Certo i manuali di fisica per studenti illustrano le teorie scientifiche su cui c’è un consenso generale tra i fisici, e quando passano a illustrare temi controversi, l’autore del manuale si assume la responsabilità, magari, di esprimere le sue valutazioni. Ma pensare a un Manuale ufficiale di Fisica o di Biologia dove le questioni teoriche si risolverebbero per votazione susciterebbe una generale ilarità.”
E con questa ilarità sul “supposto sapere” della psichiatria americana -assunto che, come si nota, non è solo un mio attacco misogino contro le mamme- chiudiamo in allegria l'argomento sul rapporto tra PAS e DSM 5.
Pensando a quelli che si inventano esperti di PAS dopo che per trenta anni nemmeno hanno saputo cosa fosse, e, giunti al primo incarico come consulenti di parte solo alla soglia dei sessanta anni, vanno sui forum del Web a chiedere che qualcuno gli spieghi cosa è la PAS...
SINTESI: riferirsi al DSM 5 e all'ICD in termini di unici depositari delle verità scientifiche della psichiatria è a mio avviso, sintomo di colonizzazione culturale e terzomondismo scientifico.
Nonché di un bel po' di provincialismo borghese radical chic-correct.
Amen per chi ci crede e prendete nota: quando si parla di qualcosa, bisogna sempre documentare le fonti e contestualizzarle meglio ancora.
4) La morte del povero Federico Barakat.
I negazionisti della Pas sostengono un dato a mio avviso del tutto privo di logica: se la PAS non fosse esistita, dicono, gli assistenti sociali avrebbero creduto alla madre di Federico e non l'avrebbero accusata di voler alienare il figlio al padre.
Prima domanda. Perché le avrebbero creduto? Cosa ve lo fa pensare?
Seconda domanda. Non sarà, invece, che questa terribile tragedia non dimostri proprio il contrario, e cioè che la valutazione dei comportamenti e dei contesti c.d. alienanti debbono essere di esclusiva competenza medica, e che quegli assistenti sociali hanno sbagliato una diagnosi che non competeva loro porre?
Una corretta CTU, affidata ad un bravo psichiatra, avrebbe confermato che non si trattava di PAS e accertato invece la pericolosità del padre di Federico.
Perché attribuire la tragedia a una teoria, e non invece, all'incapacità di chi seguiva gli incontri a capire la pericolosità del padre o a un sistema che delega compiti fondamentali e specialistici a persone che non hanno la preparazione e la competenza (e probabilmente la sensibilità) per portarli avanti?
Se io medico sbaglio diagnosi e attribuisco a un paziente una patologia che non ha, e non mi accorgo della patologia dell'altro paziente, perché bisogna abolire la malattia che per errore attribuisco al primo?
E perché non devo migliorare io le mie capacità di diagnosi?
Proprio la tragedia del povero Federico Barakat dimostra che:
a) dei contesti cosiddetti alienanti se ne devono occupare i medici e non gli ausiliari del magistrato, perché si tratta di sapere quale diagnosi porre e quale non porre;
b) non si può abolire una patologia solo perché un non medico sbaglia a diagnosticarla.
Terza domanda. I più grandi criminali -belli sani e privi di qualunque patologia- invocano sempre l'incapacità di intendere e volere, così come -secondo i detrattori della PAS- i padri invocano la PAS per schivare le accuse di pedofilia.
Per impedire a dei criminali di utilizzare determinate per difendersi, bisogna abolire queste patologie e impedire che i veri malati abbiano una tutela?
5) Secondo l’autrice/autore dell’articolo la PAS sarebbe una teoria sessista contro le donne, perché il più delle volte sono le donne ad essere accusate.
Prima di tutto, in letteratura la PAS non è esclusiva della madre: questo non c’è scritto da nessuna parte (cortesemente, smentitemi con dati di fatto).
Non è come l’annessite, o il cancro della prostata: il dato (comunque un dato statistico, non inventato) -usato più prima che adesso- e secondo il quale "molto spesso" sarebbero le madri a essere alienanti, è relativo ai periodi in cui erano appunto le madri a detenere il 95% dell'affido esclusivo.
In altri termini, adesso il condiviso è arrivato non solo per quel che concerne l'affido dei figli, ma anche l'alienazione degli stessi...
E comunque il concetto su riferito, intorno al quale viene imbastita strumentalmente tutta la campagna di vittimizzazione delle donne ("abolite la PAS perché è misandrica e danneggia le donne perché sono quelle più spesso accusate") indica -letto correttamente- che forse c'è un motivo se le madri sono più accusate dei padri ma che comunque ad essere genitori alienanti possono provarci madri e padri. Forse, però (per ragioni di "imprinting" o di latitudini culturali italiche?) alle madri riesce meglio.
Comunque, vedasi, per tutti, il lavoro di Lavadera e Marasco, che esamina dodici casi di alienazione genitoriale: sei in cui il genitore alienante è il padre, e sei in cui lo è la madre..
D'altra parte, negli ultimi lavori di Gardner -come riferiscono gli stessi Lavadera e Marasco- la percentuale dei padri alienanti era salita a percentuali vicine al 50%.
Personalmente, nel corso della mia vita professionale mi sono imbattuto in diverse madri che, esaminate con riguardo alle teorie di Gardner, potevano essere definite tranquillamente alienate dei figli. La prima la incontrai nel 1999, e adesso è una professionista molto competente proprio nel campo delle separazioni.
Peggio ancora: al momento sono il consulente di un padre accusato dalla ex moglie di aver alienato la figlia, così come sono stato in passato consulente di donne che accusavano l'ex marito di alienazione dei figli.
Ergo: nulla di più falso del dire che oggi come oggi solo le donne sono incolpate di PAS.
Qui oramai tutti si danno da fare ad alienare i bambini: stanno crescendo due o tre generazioni di figli amputati di un genitore...
Personalmente credo che i genitori alienanti non siano di preferenza le madri, ma i genitori che possono ottenere dei vantaggi dall'affido, vantaggi non necessariamente di natura economica.
Se però ci si intestardisce a dire che la PAS è una teoria misandrica e che normativizzarla equivale a criminalizzare le donne (e non a criminalizzare tutti i genitori c.d. alienanti), non si può che dedurre che si vuole l'impunità per le donne, e non per i genitori di entrambi i sessi.
Nessuno vieta infatti a una madre di accusare l'ex partner uomo di volerle alienare i figli.
Conclusivamente, affermare che la PAS è una teoria misandrica equivale in primis a esprimere un dato non corrispondente a verità, e poi mistificare del tutto il problema: l'impunità e/o l'immunità -o l'esenzione che dir si voglia- da una malattia inesistente, va chiesta per tutti i sessi o per nessuno; altrimenti, a rovescio, chiunque può essere accusato di un simile abuso.
6) Le accuse infamanti alle avvocate delle donne
Quanto poi al sostenere che è "infamante" "accusare" delle avvocate (dei centri contro la violenza sulle donne) di voler ottenere così l'innocenza per le loro clienti, bisogna mettersi d'accordo sul termine. Quello di "avvocato".
L'avvocato non ha alcun obbligo di verità: nell’ambito del suo contratto di mandato, ha obbligo di tutelare gli interessi della parte che assiste nel giudizio.
Per un avvocato, la tutela della parte che assiste è la finalità unica -retoricamente si può dire suprema- del proprio agire, e trova come unico limite l’osservanza della legge.
In altri termini, il difensore non ha come scopo la verità storica o scientifica dei fatti, ma la tutela degli interessi del soggetto che assiste.
Se può e lo ritiene utile, suo fine è far assolvere il proprio cliente anche se lo sa colpevole. Non è lui che deve cercare la verità né dirla. Può -a volte deve- mentire e far mentire.
Da questo punto di vista, come può dunque essere infamante -tenendo fermi i limiti e i profili della professione forense- affermare che un avvocato opera in un certo modo -perfettamente legale, in questo caso, cioè protestando contro una legge- perché vuole che le proprie (possibili o già presenti) assistite non vengano mai condannate?
O dobbiamo dire adesso che rivolgersi a un avvocato equivale ipso facto a far trionfare la propria verità?
O, anche, che se una accusa raggiunge un uomo da parte di una donna è vera per definizione, e se invece raggiunge una donna da parte di un uomo è falsa e infame per definizione?
In che stato del diritto si vorrebbe portare questo stato di diritto?
6) Le accuse infamanti alle avvocate delle donne
Quanto poi al sostenere che è "infamante" "accusare" delle avvocate (dei centri contro la violenza sulle donne) di voler ottenere così l'innocenza per le loro clienti, bisogna mettersi d'accordo sul termine. Quello di "avvocato".
L'avvocato non ha alcun obbligo di verità: nell’ambito del suo contratto di mandato, ha obbligo di tutelare gli interessi della parte che assiste nel giudizio.
Per un avvocato, la tutela della parte che assiste è la finalità unica -retoricamente si può dire suprema- del proprio agire, e trova come unico limite l’osservanza della legge.
In altri termini, il difensore non ha come scopo la verità storica o scientifica dei fatti, ma la tutela degli interessi del soggetto che assiste.
Se può e lo ritiene utile, suo fine è far assolvere il proprio cliente anche se lo sa colpevole. Non è lui che deve cercare la verità né dirla. Può -a volte deve- mentire e far mentire.
Da questo punto di vista, come può dunque essere infamante -tenendo fermi i limiti e i profili della professione forense- affermare che un avvocato opera in un certo modo -perfettamente legale, in questo caso, cioè protestando contro una legge- perché vuole che le proprie (possibili o già presenti) assistite non vengano mai condannate?
O dobbiamo dire adesso che rivolgersi a un avvocato equivale ipso facto a far trionfare la propria verità?
O, anche, che se una accusa raggiunge un uomo da parte di una donna è vera per definizione, e se invece raggiunge una donna da parte di un uomo è falsa e infame per definizione?
In che stato del diritto si vorrebbe portare questo stato di diritto?
7) La Pas non avrebbe superato il test di Frye.
A me non risulta.
La testimonianza di esperti sulla PAS (Sindrome di Alienazione Genitoriale)è stata ammessa in alcuni procedimenti legali dopo che la controparte aveva chiesto di escluderla chiedendo la verifica della sua ammissibilità con la procedura Frye o Daubert. Quindi in altri termini la teoria della PAS ha superato i test Frye e Daubert. Gli estremi delle sentenze principali sono i seguenti:
Kilgore v. Boyd, 13th Circuit Court, Hillsborough County. FL, Case No. 94-7573, 733 So. 2d 546 (Fla. 2d DCA 2000), Jan. 30, 2001.
Boyd v. Kilgore, 773 So. 2d546 (Fla. 3d DCA 2000) (Prohibition Denied).
Bates v. Bates, 18th Judicial Circuit, Dupage County. IL. Case No. 99D958, Jan. 17, 2002.
Her Majesty the Queen v. K.C. Superior Court of Justice. Ontario. County of Durham, Central East Region. DCA 2000), Jan. 30, 2001. Court File No. 9520/01, Aug. 9, 2002 (Mohan Test)
(fonte: http://www.alienazione.genitoriale.com/usa-pas-supera-test-frye-daubert/).
Chiarisco adesso un punto. L'ultimo.
Personalmente non ritengo la PAS una patologia con dignità nosografica a sé stante.
La ritengo invece una forma peculiare di patologie già note, che assumono nei contesti separativi conflittuali una fisionomia atipica in virtù delle figure coinvolte e del contesto conflittivo familiare e giudiziario in cui emergono.
Quello che secondo me è però più terrificante di tutti questi punti messi insieme, è quel che vedo rispetto alle generazioni di bambini amputati di un genitore.
E' come dire che crescono senza un polmone, o una gamba. O, forse è meglio, che stanno crescendo senza metà del cuore.
Contenti, adesso?