24 febbraio 2011

Le acrobazie dialettiche e ascientifiche dell'avvocato Casellati sulla mancata applicazione dell'affido condiviso

L'avvocato Casellati, che è anche Sottosegretario alla Giustizia, ha risposto alla interrogazione dell'Onorevole Bernardini (Partito Radicale - ricordiamocene al momento del voto!) sulla mancata applicazione dell'affido condiviso.
L'avvocato Castellari si è così espresso, di fatto negando che ci sia un problema di mancata applicazione della Legge...


"In risposta all’interrogazione dell’On. Bernardini, ritengo opportuno premettere che le informazioni attinenti i diversi quesiti sollevati sono state acquisite dal competente Ufficio Legislativo di questo Dicastero.
Dall’analisi dei dati diffusi dall’ISTAT il 21luglio 2010 relativi alla rilevazione dei procedimenti di separazione e divorzio condotta per l’anno 2008 presso le cancellerie dei 165 tribunali civili – emerge, infatti, che nelle separazioni e nei divorzi si è verificata negli ultimi anni una netta inversione di tendenza per quanto riguarda il tipo di affidamento dei figli minori. A motivo del cambiamento l’entrata in vigore della legge 54/2006 che ha introdotto, come noto, l’istituto dell’affido condiviso. Nel rapporto ISTAT si legge, invero, che: “Gli effetti di questa nuova legislazione sono chiaramente visibili osservando l’andamento nel tempo delle quote corrispondenti alle differenti modalità di affidamento. Fino al 2005, l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre è stata la tipologia largamente prevalente. Nel 2005 nell’80,7 per cento delle separazioni e nell’82,7 per cento dei divorzi i figli minori sono stati affidati alla madre, con percentuali più elevate nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. La custodia esclusivamente paterna si è mostrata residuale anche rispetto all’affidamento congiunto o alternato, risultando pari al 3,4 per cento negli affidamenti a seguito di separazione e al 5,1 per cento per quelli scaturiti da sentenza di divorzio. A partire dal 2006, in concomitanza con l’introduzione della legge 54/2006, la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio della nuova tipologia di affido condiviso. Il sorpasso vero e proprio è avvenuto nel 2007 (72,1 per cento di separazioni con figli in affido condiviso contro il 25,6 per cento di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre) per poi consolidarsi ulteriormente nel 2008 (78,8 per cento di separazioni con figli in affido condiviso contro il 19,1 per cento di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre). La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. Infine, l’affidamento dei minori a terzi è una categoria residuale che interessa meno dell’1 per cento dei bambini.”.
Dall’esame di tali dati emerge una netta inversione di tendenza a favore dell’affidamento condiviso a partire dal 2006, fino a giungere nel 2008 alla rilevante percentuale del 78,8% di separazioni, e del 62,1%di divorzi con figli in affido condiviso. L’esame dei dati non conferma, quindi, quanto indicato nell’interrogazione con riferimento ad una “sostanziale inapplicazione” della nuova forma di affidamento da parte dei Tribunali italiani, che sarebbe concesso in un numero “limitatissimo di casi”.
Non si hanno, invece, rilevazioni statistiche, sui casi di “svuotamento” dell’affidamento condiviso, consistenti nell’introdurre il concetto di “collocazione” dei figli presso uno dei due genitori. L’eventuale individuazione di un genitore “collocatario”, presso il quale il figlio minore abbia la propria dimora prevalente, non influisce, tuttavia, sulla distribuzione della responsabilità genitoriale che, nel caso di affidamento condiviso, continua ad essere equamente distribuita tra i genitori. La previsione di una dimora abituale può scaturire o dallo stesso accordo tra i coniugi (tale modalità di regolamentazione è, infatti, molto spesso presente nelle separazioni consensuali e nelle richieste di divorzio congiunto) o da provvedimenti adottati dal Tribunale che possono rendersi necessari per due ordini di ragioni. La prima ragione è da ravvisare nella necessità che il minore, soprattutto se in tenera età, abbia un preciso punto di riferimento logistico, elemento necessario per un corretto sviluppo psico-fisico. Prevedere, infatti, una pari presenza del figlio nelle abitazioni di entrambi i genitori, implicherebbe un continuo trasferimento del minore, con effetti disorientanti per la sua crescita. Non a caso, è lo stesso legislatore che, disciplinando l’assegnazione della casa coniugale ad uno dei genitori proprio in considerazione del preminente interesse dei figli a conservare la residenza occupata in costanza di matrimonio o di convivenza, riconosce tale esigenza. Nella legge n.54/2006 che disciplina l’affidamento condiviso, sono state introdotte disposizioni in materia di assegnazione della casa coniugale. Tali disposizioni si sarebbero dovute ritenere superflue qualora il legislatore non avesse riconosciuto il diritto del minore a conservare un luogo di residenza, quanto meno “prevalente”.
La seconda ragione che può giustificare il ricorso al “collocamento” prevalente del minore presso uno dei due genitori è da ravvisarsi, nel caso di separazioni o divorzi molto conflittuali, nell’esigenza di attenuare i conflitti attraverso una puntuale disciplina dei rapporti. Se, infatti, come sostenuto dagli interroganti e come ribadito dalla Suprema Corte (cfr. sent. N.16593 del 18.6.2008), la conflittualità tra i genitori non può giustificare il ricorso all’affidamento esclusivo, è pur vero che può rendere estremamente difficoltosa la gestione quotidiana dell’affidamento condiviso. Se i genitori non sono capaci, a causa della conflittualità, di gestire in maniera condivisa i compiti quotidiani di cura del minore, l’intervento del giudice aiuta a stemperare ed evitare futuri conflitti stabilendo il collocamento prevalente del minore presso uno dei genitori, ovvero disciplinando il regime di incontri con l’altro genitori nel rispetto di un’equa distribuzione delle cure parentali.
Anche la Corte di Cassazione ha esaminato decisioni che hanno disposto l’affidamento condiviso di un minore con collocamento prevalente presso uno dei genitori, stabilendo che in tali ipotesi in tema di mantenimento dei figli ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni degli stessi “in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, il quale, in caso di affidamento condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori, può essere posto a carico del genitore non collocatario, atteso il disposto dell’art. 155 cod. civ., nella parte in cui prevede che la determinazione dell’assegno avvenga anche considerando i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore”(cfr. Sez. 1, Sentenza n. 23411 del 04/11/2009).
Peraltro, che l’esigenza da ultimo illustrata, di individuare il “domicilio” del minore sia comunemente avvertita, si desume anche dall’analisi della normativa che disciplina la materia nei principali paesi dell’Unione Europea. Dalle informazioni acquisibili sul sito internet della Rete Giudiziaria Europea realizzato dalla Commissione europea, emerge che nella maggior parte degli Stati membri (solo a titolo di esempio si citano Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Svezia, Spagna) è previsto che in caso di separazione o divorzio permanga l’affidamento “congiunto” in capo a entrambi i genitori. Tuttavia, quanto alla residenza del figlio - in mancanza di accordo dei genitori- decide il giudice stabilendo, senza modificare l’affidamento condiviso, le modalità di residenza.
Posto, dunque, che la previsione nel provvedimento giudiziale di una residenza prevalente del minore non riduce, né diminuisce i diritti del genitore “non collocatario”, tengo a sottolineare che le eventuali distorsioni nella corretta applicazione delle norme da parte delle Corti di merito possono essere censurate ricorrendo - nel caso di abusi commessi dal genitore “collocatario” -al procedimento disciplinato dall’art. 709 ter del c.p.c..
Ciò detto, non si può non convenire sulla situazione di forte disagio conseguente al collocamento prevalente presso uno dei genitori e non si può, del pari, non impegnarsi in approfondite riflessioni concettuali. Intendo precisare, infatti, che sui punti di possibile criticità è ferma e costante l’attenzione degli organi competenti e che, proprio in considerazione della estrema sensibilità della materia trattata, non si è mai smesso di ricercare, tra le molteplici soluzioni in astratto perseguibili, le formule più idonee a garantire in concreto la piena applicazione della legge n.54 del 2006."


Qui sotto, pubblichiamo il commento di Fabio Nestola alla risposta dell'avvocato Castellari (che noi, appunto, continuiamo a chiamare avvocato e non Sottosegretario, termine che utilizzeremo quando si dimostrerà garante di tutti i cittadini):


Acrobazie dialettiche, basate su dati - per stessa ammissione ministeriale - inesistenti
Non si hanno, invece, rilevazioni statistiche, sui casi di “svuotamento” dell’affidamento condiviso,….”

Non serve che lo dica l’On. Casellati: le percentuali di affido condiviso sono in crescita, lo può vedere chiunque consultando il sito ISTAT.
Non era questa la domanda alla quale il Sottosegretario era sollecitato a rispondere.
Avrebbe dovuto spiegare all’On. Bernardini se quelli che ai fini statistici figurano come condiviso avessero i reali contenuti dell’affido condiviso, e questo non lo ha fatto.

Quando avevo 10 anni la maestra mi ha detto “bel compitino, ma non ti sei accorto di andare fuori tema. Ora ti becchi un bel 4, la prossima volta sarai più attento”.

Acrobazie dialettiche, ostinatamente aggrappate alla citazione dei dati ISTAT senza considerare l’elemento sostanziale: la mera analisi statistica non può entrare nel merito dei contenuti che i dati esprimono.
Limitandosi a snocciolare numeri, in sostanza, non si potrà mai sapere cosa tali numeri nascondano.
O meglio, si capisce perfettamente che l’etichetta “condiviso” appare su un numero sempre crescente di provvedimenti, ma il Sottosegretario avrebbe dovuto spiegare se per caso il contenitore sia conforme al dettato del Legislatore, ma i contenuti no. 
Ecco il quesito rimasto senza risposta.

Quando avevo 40 anni un meccanico mi ha detto: “per consumare meno alcuni “furbetti” mi chiedono di togliere il catalizzatore. Le auto hanno i documenti Euro 4, quindi in regola, ma in realtà fanno più danni di prima”.

L’argomento è ovviamente diverso, ma le dinamiche di alcune officine sono identiche a quelle di alcuni Tribunali.
Genitore prevalente, assegno in ogni caso, tempi ripartiti 80% - 20% ….
Del condiviso rimane solo la dicitura
Ne risulta, piaccia o meno, che circolano centinaia di migliaia di separazioni senza marmitta catalitica.
Il profilo burocratico è a posto, ci sono i “documenti in regola” per poter propagandare l’escalation dell’affido condiviso. Poi in concreto la situazione è peggiore di prima, ma questo per molti operatori sembra non essere importante.

Non lo sanno o fingono di non sapere?
Delle due, una:
- o sono in malafede, quindi tentano di occultare una realtà nota a tutti
- oppure non conoscono affatto la materia che pretendono di trattare da esperti.
Non esiste una terza ipotesi.

Le capriole dialettiche continuano, sostenendo che la collocazione prevalente dei figli (mai prevista dal Legislatore, ma inserita a forza nella giurisprudenza consolidata) non abbia alcuna ripercussione sui compiti di cura, in quanto non riduce ne’ diminuisce i compiti del genitore escluso.

Quando avevo 20 anni il mio professore universitario mi ha detto: “per testare la validità di una norma,  un’ipotesi, un ragionamento, abituati a considerare anche il suo contrario Mai insegnamento fu più prezioso, nessun tomo studiato in seguito conteneva tanta profonda semplicità.

Se fosse valido il Casellati-pensiero in merito alla totale ininfluenza del domicilio prevalente sui compiti di cura, alcune curiose osservazioni non sarebbero necessarie.
Invece lo sono, eccome.

Se è così ininfluente, come mai ancora oggi è il principale argomento di disputa?

Se quello che conta non è la quantità ma la qualità del tempo trascorso con i figli, perché non assegnare al genitore che esce da casa un insipido 80% del tempo con la prole, e lasciare a chi ottiene la casa un bel 20% pieno di significati?

Non si tratta di innescare dispute per il bene immobile, supponiamo che rimanga assegnato a chi da sempre lo ottiene per consuetudine consolidata. I figli però trascorrono la maggior parte del tempo con l’altro genitore, tanto – secondo la Casellati – il ruolo educativo di chi li vede nei ritagli di tempo non viene minimamente scalfito.

Il problema - a mio parere - è che dei figli non interessi poi tanto a chi se ne riempie la bocca, mentre la attuale applicazione della norma è plasmata sui privilegi di genere mascherati da tutela del minore.
I figli non votano, i genitori si
C’è altro da spiegare?

Fabio Nestola
Fabio Nestola: dal 1994 si occupa di problemi  del divorzio e delle separazioni. Un punto di riferimento credibile e autorevole.


Pubblichiamo qui sotto, dal canale "PENSAVODIESSERESOLO" (clicca qui per vederne i contenuti), l'audio della risposta dell'Onorevole Bernardini alle affermazioni dell'avvocato Casellati.
Che, per noi, prima ancora di essere considerato Sottosegretario alla Giustizia, dimostra comunque di voler restare a tutelare la categoria di quei legali che vogliono garantire non la bigenitorialità ma il conflitto.




vedi anche le considerazioni scientifiche del dr. Vezzetti (clicca qui)