19 dicembre 2010

Lotta alla pedofilia? Macché: diffamazione pura. E collusione con i pedofili veri. Se li ...sposano in ogni senso, insomma...

Un medico, psichiatra e primario di un Cim, ha cominciato da tempo su Facebook una propria personalissima campagna "contro la PAS".
Sostiene che la PAS "non esiste", e che "serve ai padri pedofili" per difendersi dalle accuse delle mamme separate. Dando di fatto per scontato -con chi lo legge- che le accuse di “abuso sessuale” rivolte dalle mamme ai padri in corso di separazione genitoriale siano sempre vere e fondate.

Una posizione pericolosa, perché ingenera nell'opinione pubblica -in quella larga fetta cioè che non conosce il problema- l'erroneo convincimento che ciò sia vero. Il collega è uno specialista in psichiatria, e dunque il suo parere ha un accredito automatico. E ciò dovrebbe però corrispondere ad un grande senso di responsabilità deontologica nell'informare.

Quella del collega, peraltro un collega molto apprezzato e stimabile, è poi la posizione di qualcuno che vuole ignorare i dati specifici: il collega cioè, ignora, speriamo in buona fede (ma quando un medico parla dovrebbe prima documentarsi!) che in una ricerca del 2007, “su cinquantatre casi di separazioni conflittuali, nei quali erano stati presentati una denuncia di abuso sessuale (bambini coinvolti: sessantadue) la denuncia è seguita da una condanna dell'imputato in soli 3 casi . Negli altri quarantanove casi la denuncia era infondata. La percentuale di false denunce, nel campione in esame, è stata dunque del 92,4%.. E su quarantotto casi il denunciato era stato il padre”. (CESI S., MASINA E, CAMERINI G.B. (2007), Vere e False denunce di abuso sessuale: studio di una casistica in separazioni conflittuali, 13° International Congress of the ESCAP, "Bridging the gaps", Firenze, 25-29 agosto 2007.)

Esprimere un parere quale quello espresso dal collega in questione, equivale ad occultare all'opinione pubblica i dati di questa (e altre, che hanno generato risultati simili) ricerca. Compresa quella che ha indagato i risultati sui bambini di queste false accuse: nei quali “aumenta significativamente la probabilità di sviluppare veri e propri sintomi psicopatologici (presenza di disturbi dell'asse I del DSM IV TR nel 65% dei casi).” (Camerini GB., Berto D., Rossi L., Zanali M.: “Disturbi psicopatologici e fattori di stress in procedimenti penali relativi all’abuso sessuale”. Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza,
vol.77, 127-137, 2010.)

Personalmente, riteniamo che il collega in questione abbia perlomeno peccato deontologicamente in leggerezza, nascondendo questi dati a chi lo leggeva, e ingenerando così – il che è più grave di una leggerezza- anche un allarme nelle madri e in chi è coinvolto in vicende separative. O in chi ne viene a conoscenza.


Immaginiamo infatti che colleghi e amici di un separato che abbia ricevuto una simile denuncia, leggano l'articolo del collega in questione: la loro prima e tendenzialmente definitiva opinione sarà quella di pensare che il loro familiare o conoscente è colpevole di abusi sul proprio figlio, e che se per difendersi parla di “PAS” ai suoi danni, è ancor più una prova del suo esser pedofilo contro il proprio figlio. Una posizione ignobile, anche perché bisognerebbe chiarire che una persona, quando denunciata (e soprattutto quando denunciata in casi del genere) è innocente fino a che chi lo accusa non ne dimostri la colpevolezza.

Una posizione pubblica, quella del suddetto psichiatra, che dunque dovrebbe forse essere valutata dal suo Ordine di appartenenza, specie per il discredito che ha gettato, in tal modo, sui colleghi che ritengono la “PAS” un paradigma importante per intervenire nei conflitti separativi e per spiegare un certo tipo di false accuse.

Parlando nei termini suddetti, egli ha -a nostro avviso- leso l'onorabilità e la dignità professionale dei colleghi che si occupano di PAS, ingenerato nei conoscenti di chi ha ricevuto una accusa di abuso sul figlio da parte dell'ex coniuge il sospetto di una colpevolezza espressa anticipatamente, e nei partner in separazione motivi di grave allarme (portandoli a ritenere per “provati” piccoli sospetti coltivati nel caso patologicamente ma in buona fede – e questo senza escludere che in piccole percentuali di casi le accuse di abuso possano esser fondate).

Non sappiamo perché uno psichiatra si comporti in tal modo: senza per questo voler far diagnosi assurde e improponibili, e parlando in linea assolutamente generica e non riferita al caso specifico, ci potrebbero essere dei motivi personali profondi dietro un comportamento del genere: conflitti non risolti con un padre violento, una relazione non risolta con la propria madre, un odio latente verso la figura maschile, e via di seguito. Tutte ipotesi, intendiamoci, che -lo ripetiamo- facciamo senza alcun riferimento al caso specifico, ma solo per pura volontà di teorizzare su una ipotesi di comportamento che ci desta perplessità non solo culturali.

La cosa però più grave del comportamento in questione, un qualcosa a nostro avviso di censurabile, e legittimatrice di interventi in sede penale e non solo relativamente alla adeguatezza deontologica del comportamento in questione, è quanto avvenuto un paio di giorni orsono.

Nelle esternazioni, cioè, che questo collega ha avuto qualche giorno fa, in una pagina di Facebook (a dire il vero seguita da pochissime persone), e dedicata alla lotta contro la Sindrome di Alienazione Genitoriale “e la pedofilia” (pagina nella quale, cioè, si equipara -incredibilmente e vergognosamente, aggiungiamo- chi lavora con il concetto di PAS a chi difende la pedofilia).
In questa pagina, il collega in questione - che fra l'altro si fa chiamare "professore" senza però averne il titolo- l'altro giorno ha espresso un parere quanto meno vergognoso.

Riprendendo una “NOTA” comparsa in altra pagina di Facebook, nella quale si sosteneva che la Sindrome di Alienazione Genitoriale è uno strumento concettuale utile che permette di comprendere il perché di certe false accuse di abuso sessuale sui minori, il collega in questione ha attribuito agli estensori della nota affermazioni gravissime.
Di fatto producendosi in quella che è una vera e propria diffamazione, ancorché rivolta ad un individuo non identificato (la nota non era firmata, come usualmente avviene sulle pagine di Facebook).

Il dato riprovevole è che il collega sembrerebbe (usiamo il condizionale per la delicatezza della situazione e perché il suo scritto è stato rimosso insieme alla pagina che lo ospitava), sembrerebbe, dicevamo, aver agito in modo dichiaratamente doloso.

Stando a quel che ha affermato un admin della pagina “diffamata”, infatti, lo psichiatra in questione avrebbe agito ...:
in un modo diffamatorio e intimidatorio, e con una tecnica molto semplice:
1) Ha preso uno "screen shot" di una nota di questa pagina;
2) lo ha "tagliato" artatamente in un punto ben preciso, cancellando il testo sottostante;
3) ne ha riassunto il restante contenuto, attribuendoci opinioni e concetti diffamatori nei nostri confronti, perché del tutto opposti a quelli realmente espressi.

Prosegue poi la nota della Pagina “diffamata”:

QUESTO E' QUANTO IL DR. *** FALSAMENTE CI ATTRIBUISCE RELATIVAMENTE ALLA NOTA DEL 5 DICEMBRE:
"Dicono nell titolo che la nostra lotta contro la pas è un potenziale aiuto per i veri pedofili; esisterebbero quindi, per loro, due categorie di pedofili, i veri ed i falsi (per me ne esiste una sola, ma seguiamo il loro ragionamento).
La PAS è utilizzata, di solito, dai padri contro le madri che, venute a conoscenza di abusi sessuali compiuti sui propri figli, chiedono la separazione coniugale.
Secondo la loro logica, quindi, gli abusi sessual sui propri figli sarebbero falsa pedofilia.
In un tribunale una frase del genere porterebbe direttamente alla condanna per pedofilia; se ne rendono conto?
Sostanzialmente si autoaccusano ma non si considerano veri pedofili, solo una cosa "così e così", appena appena pedofili, come la storia della violenza sessuale lieve.
NOTA
Il profilo che ha pubblicato questa nota è uno dei trecento falsi profili esistenti su Facebook, clone del profilo ufficiale; i falsi profili servono a fare mis-informazione (mio neologismo che sta per informazione mistificata) su temi come pedofilia e violenza di genere. Il loro scopo è quello di determinare una sorta di mitridizzazione della società verso questi orrori, fare in modo che non suscitino più indignazione, giungere ad una sorta di "pedofilizzazione" (passatemi il termine) della società italiana."

Ovviamente, la reazione dell'estensore della nota era indignata:

ATTRIBUIRCI UNA VOLONTA' DI PEDOFILIZZARE LA SOCIETA' ATTRAVERSO UNA "MIDRIZZAZIONE" PORTATA AVANTI ATTRAVERSO NOTE DEL GENERE, NON SOLO E' FALSO: E' ANCHE GRAVISSIMAMENTE DIFFAMATORIO. O DELIRANTE

E' gravissimo che il dr. *** abbia dunque attribuito queste opinioni a questa Lista: daremo dunque immediatamente incarico ai nostri legali di procedere nei confronti suoi e nei confronti di chiunque abbia commentato positivamente le sue disgustose affermazioni.

Nostra opinione, abbondantemente espressa e alla base di tutti i nostri scritti, è che:
1) UN GENITORE CHE COMPIE ATTI PEDOFILI SUI PROPRI FIGLI E' UN VERO PEDOFILO E VA CONDANNATO COME TALE E SENZA ALCUNA ATTENUANTE;

2) PER "FALSO PEDOFILO" SI INTENDE UNA PERSONA INGIUSTAMENTE ACCUSATA DI ATTI PEDOFILI, VERSO I PROPRI FIGLI O VERSO ALTRI: NON UN GENITORE CHE ABUSA DEL FIGLIO, VERSO IL QUALE NON C'E' NESSUNA ATTENUANTE;

3) LA LOTTA DELLE "MAMME CORAGGIO" CONTRO LA PAS E' UNA LOTTA TENDENZIOSA E POTENZIALMENTE ABUSANTE, PERCHE' HA LO SCOPO DI DEMONIZZARE LA FIGURA PATERNA, DI DEMONIZZARE CHI DIFENDE I BAMBINI ABUSATI MEDIANTE "PAS" DA MADRI E PADRI;

4) LA PERCENTUALE DI CONDANNE PER ABUSO SESSUALE DENUNCIATO IN CORSO DI CONTENZIOSO SEPARATIVO E' RIDICOLMENTE BASSA E PER QUESTO LA LOTTA CHE DEFINISCE IL SOSTEGNO PAS COME SOSTEGNO ALLA PEDOFILIA E' GRAVEMENTE DISINFORMANTE: "In una ricerca del 2007 su cinquantatre casi di separazioni conflittuali, nei quali erano statipresentati una denuncia di abuso sessuale (bambini coinvolti: sessantadue) la denuncia è seguita dauna condanna dell'imputato in soli 3 casi . Negli altri quarantanove casi la denuncia era infondata.La percentuale di false denunce, nel campione in esame, è stata dunque del 92,4%.. E su quarantotto casi il denunciato era stato il padre"
(CESI S., MASINA E, CAMERINI G.B. (2007), Vere e False denunce di abuso sessuale:studio di una casistica in separazioni conflittuali, 13° International Congress of the ESCAP,"Bridging the gaps", Firenze, 25-29 agosto 2007.).

5) EQUIPARARE LA PAS ALLA DIFESA DELLA PEDOFILIA E' GRAVEMENTE MISTIFICATORIO PERCHE' SPOSTA DUNQUE L'ATTENZIONE E L'ALLARME DAI VERI PEDOFILI A QUELLI CHE - PADRI O MADRI CHE SIANO - SONO FALSAMENTE ACCUSATI DI ABUSO.

6) LA PAS E' UN ABUSO GRAVE QUANTO LA PEDOFILIA

Chi ci attribuisce pareri opposti, e soprattutto quelli attribuitici dal dr. ***, sarà perseguito penalmente.

Per leggere la nota volutamente mistificata dal dr. ***, questo è il link:http://www.facebook.com/note.php?note_id=10150326791295005

La cosa ancora più grave è però accaduta successivamente.

Qualcuno ha tentato di postare questa nota di chiarimento nella Pagina in cui il collega in questione esprimeva i suoi pareri.
E nella quale, tra minacce vere e proprie (anche verso il sottoscritto, indicato come un “Geordie” cui mettere una corda al collo), si equiparava sempre chi utilizza la PAS ad un sostenitore della pedofilia.

In sostanza, qualcuno ha “postato” il link verso la nota che permetteva di chiarire definitivamente, a quelle persone, che nessuno difende i pedofili, e che nessuno ritiene che i padri pedofili non siano veri pedofili, e che utilizzare la PAS come paradigma concettuale non ha nulla a che vedere con la difesa teorica della pedofilia. Ipotesi quanto mai ignobile solo a prospettarsi.

Tutto il contrario, semmai. Il padre pedofilo e abusante va condannato senza indulgenza alcuna verso il suo ruolo di padre. Anzi: a parere di chi scrive il ruolo paterno è una aggravante, nei casi di abuso.

Il dato gravissimo è che per ben tre volte da quella pagina hanno cancellato quel link.

Impedendo dunque una doverosa rettifica.
Impedendo vergognosamente una doverosa rettifica.

Dopo poche ore, la pagina veniva oscurata: a parere di chi scrive, perché i suoi admin si erano definitivamente resi conto di aver mostrato le loro vere intenzioni. Dopo ventiquattro ore la penosa pagina veniva riaperta.
Con una dicitura altrettanto penosa e che riportiamo più in basso.

Che, appunto, non sono affatto quelle di difendere i bambini dai possibili pericoli dei pedofili.
Perché gli admin di quella pagina hanno dimostrato, con questo comportamento, di non avere alcun interesse a una battaglia contro la pedofilia condotta insieme ad altre persone.

Se il loro interesse alla tutela dei minori dalla pedofilia fosse vero e genuino, avrebbero infatti accolto con soddisfazione e serenità la nota in questione.
Perché avrebbero dovuto prender atto che avevano degli alleati in più contro i pedofili.
Gente che se c'è da condannare un padre per abuso, su motivi certi e comprovati, non fa nessuno sconto, insomma.

Se la loro “mission” fosse stata questa, avrebbero dovuto insomma gioire di un simile chiarimento.

L'averlo occultato dimostra che le cose stanno esattamente al contrario.

Il vero interesse di quelle persone non è la tutela dei bambini dai pedofili, ma -al contrario- proprio l'esistenza di pedofili, che giustifichi la “loro” battaglia contro la PAS.

Se così non fosse, lo ripetiamo, avrebbero accolto con grande sollievo la precisazione della pagina in questione, che chiariva un punto fondamentale: nessuno vuol far sconti ad alcun tipo di pedofilo, che sia un padre o un vicino di casa.

Ma a loro sapere questo non interessa proprio, perché distrugge l'argomento forte della loro lotta alla PAS: che questa cioè serva alla difesa dei padri abusanti.

Quando è stato chiarito tutto questo, hanno cancellato il link che permetteva il chiarimento in questione.
Impedendo così a quelle persone di chiarire che la posizione vergognosa e ignobile loro attribuita era frutto di pura menzogna.

Quando poi, sulla pagina in questione, è stato fatto notare che proprio questo comportamento indicava un assoluto disinteresse alla tutela dei minori (e, semmai, un interesse alla circolazione di “amici dei pedofili” da poter utilizzare a sostegno delle proprie tesi), hanno dapprima cancellato la pagina suddetta.


Poi l'hanno riaperta: sostenendo di non voler avere rapporti con pagine che si occupano di PAS.



Non intendiamo avere alcun contatto nè scambio di opinioni con varie associazioni o gruppi pro PAS. Credo sia chiara la nostra posizione in merito e il nostro obiettivo è dare l'informazione corretta per svelare cosa si cela dietro questa bufala. Quindi il continuo postare link per noi è SPAM. Chi non la pensa in quest...o modo può tranquillamente iscriversi alle innumerevoli pagine di questi personaggi



Giocando dunque ancora una volta sull'equivoco e la mistificazione: perché nessuno di quelli diffamati vuole un contatto con loro, ma solo una rettifica a diffamazioni così gravi.
Rettifica che loro ben si guardano dal permettere, perché smonterebbe ogni loro meschino e diffamatorio tentativo di accusare gli altri di cose ignobili.

Vergognoso e incredibile.
A quella gente la lotta alla pedofilia non interessava proprio.

Interessava proprio il contrario: a queste persone interessa avere qualcuno che sia un pedofilo vero, per poter così giustificare la loro lotta alla Sindrome di Alienazione Genitoriale. 
Lotta che, in assenza di ipotetici padri e specialisti  "collusi" con i pedofili, non ha alcun argomento a proprio sostegno.

Queste persone non combattono dunque i pedofili e la pedofilia.
Al contrario, ne hanno concettualmente bisogno. Altrimenti, come detto, avrebbero appunto accolto con gioia la smentita in questione. 

Vergognoso e ignobile, dunque.
E DA CODICE PENALE.

Dr. Gaetano GIORDANO
Medico-chirurgo
Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni
Psicoterapeuta



05 dicembre 2010

"NEL NOME DEI FIGLI" DI VITTORIO VEZZETTI: LA PRESENTAZIONE AD ANTENNA 3

La presentazione ad Antenna 3 del libro di Vittorio Vezzetti "NEL NOME DEI FIGLI"
Parte I





La presentazione ad Antenna 3 del libro di Vittorio Vezzetti "NEL NOME DEI FIGLI"
Parte II







La presentazione ad Antenna 3 del libro di Vittorio Vezzetti "NEL NOME DEI FIGLI"
Parte III


03 dicembre 2010

E IL DR. MAZZEO MI PREGO' DI ASTENERMI DA QUALSIASI CRITICA ALLA SUA ..."OSSERVAZIONE NATURALISTICA"

Da una pagina di Facebook il dottor Mazzeo mi prega di astenermi da ogni commento relativo ad un suo intervento.
Un intervento intitolato, guarda caso, “Padri violenti”.

Mi dispiace allora sottrarmi alle sue e calorose preghiere, ma la logica con la quale egli ha prima titolato, e poi “costruito” questo intervento, mi spinge a dire la mia.

Il suo scritto, infatti, altro non è che una lunga lista di casi da lui raccolti, nei quali una lunga e disgraziata serie di persone affette da gravi e gravissime patologie psichiatriche, è collegata - solo ed unicamente - ad un dato: quello di aver avuto un "padre violento".
Nè di loro si dice altro: solo la diagnosi, e il dato del padre violento. E basta.

Qualcosa che in medicina non è proprio ammissibile. 

Il collega dr. Mazzeo ha definita tale trista elencazione come qualcosa che "Non ha la pretesa di una ricerca, è solo una osservazione naturalistica".

Bello questo nome: “osservazione naturalistica".
In una lista del genere, vuol dire tutto e non vuol dire niente.

Precisiamo allora una cosa: che con il termine di "osservazione naturalistica" si intende usualmente, se non sempre, una descrizione relativa a piante, alberi, animali o fiori.


Uno psicoanalista armato di buone intenzioni, forse dedurrebbe da qui che per il dottor Mazzeo i suoi pazienti altro non sono che animali o vegetali: personalmente mi astengo dal far mio questo commento ma ne aggiungo subito un altro.

Credo che l'uso di tale termine -"osservazione naturalistica"- altro non sia che il tentativo di rendere poco trasparenti le acque della convalida scientifica di quel che si pensa e, soprattutto, di quel che si vuol far pensare.


Cioè del tentativo di dare validità logica ed argomentativa – quella validità che proviene dalla scienza e dalla casistica raccolta e discussa scientificamente – ad un elenco a cui formalmente si nega di voler dare velleità scientifiche.
Un giochetto comodo, insomma.

Nego di voler fare della scienza, nego di voler dare alle mie argomentazioni forza e validità scientifica, ma uso il titolo di specialista, e i modi di una casistica clinica, per indurre chi legge a seguire i miei ragionamenti.
Dicendo però che non sto trattando una casistica scientifica.
Ma qualcosa che, messo qui, non ha proprio senso.

Un bel “doppio messaggio”, insomma: far finte di non dire per dire, e dunque per far pensare, senza ammettere che si vuol condurre chi legge a convinzioni già scritte.
Per far pensare cosa?

Che i padri violenti causano la schizofrenia e la depressione maggiore. 
Questo è il messaggio che il dr. Mazzeo vuol far passare.

Un messaggio anch'esso ambiguo.
Perché non si può negare che il comportamento di un padre “violento” abbia effetti nefasti sui figli (e il dr. Mazzeo -ne siamo sicuri- ne sa sicuramente qualcosa).

Ma lui assolutizza il discorso. Per farlo in modo paradossale.
Perlomeno, lo fa in questa pagina di Facebook.


Perché -e questo è un dato che va assolutamente valutato- allorché il dr. Mazzeo scrive sulle Riviste Scientifiche realmente accreditate (come POL.IT, di cui è redattore), il dottor Mazzeo non riporta mai nella anamnesi dei casi che tratta, il rilievo del "padre violento"


Detto in altri termini, quando il dr. Mazzeo scrive su Riviste scientifiche accreditate, non cita assolutamente se il paziente aveva o no un padre violento.


E questo è grave: è grave perché dimostra come per il dr. Mazzeo psichiatra che scrive, in modo assolutamente serio e inappuntabile, su Riviste scientifiche di spessore, il comportamento del padre violento (o, se del caso, non violento) non ha alcuna importanza ai fini della trattazione del caso.
Scrivendolo più chiaramente: il dr. Mazzeo è il primo, sulle Riviste scientifiche accreditate, a non dare alcuna importanza al dato della presenza o meno di un "padre violento" in casi come quelli che poi, su Facebook, considera invece in tutt'altro modo. Quando scrive per le mamme di Facebook, considera infatti il dato del "padre violento" come l'unico dato da rilevare. Quando scrive sulle Riviste scientifiche non lo riporta in alcun modo e non indaga nulla sulla violenza familiare, ritenendola dunque ininfluente alla trattazione scientifica del caso!!!


Per una verifica degli articoli scritti dal dr. Mazzeo, e del suo totale non prendere in considerazione la violenza familiare come problema legato alla genesi della psicosi, vedere a questo link: http://xoomer.virgilio.it/andreamazzeo/riass.htm 


Su Facebook, invece, il collega in questione fa diventare il "padre violento"  l'unico dato da riportare, come se fosse il più importante.


Un atteggiamento scientifico assolutamente non condivisibile, e invitiamo il dr. Mazzeo a spiegarcelo.

Pochi post più sotto -forse non a caso, visto quanto detto sino ad ora - il dr. Mazzeo ha sottolineato come il concetto di “madre  schizofrenogena” sia stato abolito dalla psichiatria.
E lo ha detto in modo trionfalistico ed esultante:
il concetto di madri-frigorifero" e quello di "madre-schizofrenogenetica" sono “Concetti importati dagli USA ed in voga in Italia sino a tutti gli anni '80; ce li hanno insegnati durante il corso di laurea, alle scuole di specializzazione, sono state fatte migliaia di tesi di laurea e specializzazione, pubblicati libri ed articoli scientifici su questi concetti.
Oggi non sono più accettati dalla comunità scientifica, sono stati rigettati perché non scientifici ma basati sulle idee personali di Bettelheim, non supportate da evidenze scientifiche”.

Verissimo: allora tanto più si deve però evidenziare come non possa esistere nemmeno il padre “schizofrenogeno” o “depressivogeno”, violento o no che sia.

Eppure, in modo molto surrettizio, giocando sulla differenza fra “casistica clinica” e “osservazione naturalistica”, una differenza che non c'è ma che Mazzeo fa valere solo sui piani argomentativi e connotativi che più gli convengono, Mazzeo afferma -meglio: cerca di farci pensare- che “padre violento” significhi schizofrenia e depressione.
E che lo significhi sempre, e senza che concorrano altri fattori.

Usa una modalità scientifica per far palesare un nesso di causa-effetto che ne escluda altri, il collega Mazzeo: ma negando di farlo, dal momento che nega al suo elenco di casi il valore di casistica scientifica.
Però presenta tutti i casi come se il problema fosse nel padre violento: : e questo ci appare scientificamente e comunicazionalmente non trasparente.

Intanto, per questa “negazione della negazione” che fa risaltare, negandola, la scientificità dell'elenco in questione, e la scientificità del nesso di causa, attribuito al “padre violento” capace di indurre psicosi (laddove si esulta perché non esiste più la possibilità di attribuire alla sola madre la capacità di indurre psicosi).

E poi perché, appunto, non viene narrato nulla relativamente ai casi in questione: se non che c'era un padre violento.

Basta ora consultare qualunque manuale, o articolo, o Rivista, che si occupi di “depressione” e “schizofrenia”, per comprendere quanto complesso sia il rapporto fra la situazione ambientale, le componenti genetiche, e quelle familiari (adesso, si discute persino sugli apporti alimentari circa la genesi della depressione e della schizofrenia!): e dunque quanto basta per definire parziale -tacendo della possibile faziosità- il nesso che il collega Mazzeo vuol farci intravedere fra “padri violenti”, e psicosi.

Vero è che un padre violento genera gravi disagi.

Ma dai tempi della Terapia Familiare, si è dato ormai per scontato che l'apporto della madre è pari a quello del padre: vuoi che si tratti di una madre “passiva”, ovvero ambiguamente collusa con i figli o con il marito, la madre del “paziente designato” ha la stessa importanza del padre nel definire la psicopatologia del figlio Non parliamo poi degli apporti quotidiani della genetica, delle neuroscienze, e di tutto le conoscenze sull'impatto ambientale: che hanno dimostrato incontrovertibilmente come il problema delle psicosi sia terribilmente compkesso e multifattoriale.

Il collega Mazzeo, invece, nulla ci dice del ruolo della madre nei suoi casi clinici.
Tace anche sulla anamnesi familiare, sul contesto socioeconomico, sulla presenza di altri casi di psicosi in famiglia.

Intitola la sua lista “PADRI VIOLENTI”, e fa pensare a noi che il problema sia tutto là.
Se lo intitolava “acqua corrente”, era la stessa cosa: tutti i pazienti descritti bevevano acqua corrente, e il nesso di causa fra la loro patologia e il “padre violento” è, in quello scritto, altrettanto dimostrato quanto il nesso di causa fra la loro patologia e quello che bevevano a tavola.

Un'operazione dunque tutta da criticare, quella del collega: e non mi sembra strano che mi abbia pregato di astenermi dalle critiche.


In realtà, il testo in questione dice di fondamentale solo una cosa: che in quel testo l'autore ha nascosto tutti i dati che potevano far pensare che la natura del fenomeno sia talmente complessa che attribuirla ad un solo genitore è quantomai improponibile.

Tanto è vero che lo stesso dottor Mazzeo più in basso esulta perché hanno abolito il concetto si “madre schizofrenogena”. 

Nel senso: abbiamo scoperto che un genitore, da solo, non causa proprio nulla. Difatti, è falso ipotizzare che tutti i figli di padre violento siano schizofrenici o depressi: il che significa che per far sviluppare una psicosi ci voglia di più che un singolo genitore "malato".

Se si tratta della madre fredda e a doppio messaggio, si esulta per il suo depennamento -come singolo genitore- dalle cause dei disagi dei figli.

Se si tratta invece del padre, gli si appiccica il concetto di “violento” (laddove “violento” è il nesso di una relazione e non un dato in sé: ce lo insegnano tutta la moderna psichiatria e la moderna epistemologia), poi si dice che quella è “solo una osservazione naturalistcia” e non una casistica scientifica (e si nasconde così l'arma della evidenza della scienza), e il gioco è fatto.

Gioco?

Quella è una pagina nella quale si pubblicizza il nome e il cognome della madre di una bambina abusata. Una bambina che in tal modo è dunque riconoscibilissima da chiunque la frequenti. 
Altro fatto che mi lascia molto perplesso, è che in quella pagina si pubblicizza come la mamma abbia - proprio in virtù di questi abusi subiti dalla figlia - un bel gruppo di "fan".


Un gioco molto pesante, nella mia opinione, ai danni di questa bambina.

La cui madre non ha alcun timore di esporre la figlia alla curiosità – e alla curiosità anche perversa – di chi, conoscendola, si chiederà cosa significa quella pagina, cosa significa il suo titolo, e perché tutti dicono che la figlia di quella signora è stata abusata.

Lo ripeto: a mio avviso, esporre così, e sia pure indirettamente, i bambini alla curiosità di amichetti, insegnanti, genitori degli amichetti, vicini di casa, ha qualcosa di poco bello e poco dolce proprio verso il bambino in questione.
Scusate, ma detesto il Grande Fratello e l'extimità dei social network.

Cosa è l'extimità?

L'invenzione di uno psichiatra.
Che però si chiama Willy Pasini e parla dell'intimità. Ai tempi di Internet e Facebook.
Appunto: una bambina abusata non ha più intimità, se ne mettono la storia in modo tanto riconoscibile su Internet.
Bella tutela delle vittime dei pedofili...

Dr. Gaetano GIORDANO
Medico-Chirurgo
Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni
Psicoterapeuta