09 luglio 2012

Confronto? Macché! La dr.ssa Luisa Betti (Blog del Manifesto) censura gli interventi che dimostrano la sua faziosità

La dr.ssa Betti (molto intelligente e preparata: la vedete qui a lato), che gestisce il Blog del Manifesto, teme evidentemente le critiche.
E, soprattutto, teme evidentemente le dimostrazioni di come il suo esser democratica finisce laddove si va a chiedere conto di una effettiva parità di diritti tra uomo e donna.


Una parità che ideologicamente -e qui sembra proprio esserci la dimostrazione- la dr.ssa Betti chiede, ma nega quando dovrebbe ammettere che quando le offese sono rivolte alla donna (e a lei, soprattutto), si ha il diritto a lamentarsi e ad esecrare la violenza ricevuta.


Quando invece le offese le ricevono gli uomini, soprattutto quelli che non sono d'accordo con lei, alla dr..sa Betti non importa nulla.
Peggio: censura chi le fa notare che lei per prima usa due pesi e due misure.


Si lagna e si lamenta e si definisce vittima di violenza quando si percepisce aggredita e offesa su altri siti, ma è stata la prima a restare indifferente e zitta quando -proprio sul suo blog- hanno aggredito e offeso me.


Censurando poi il post nel quale le chiedevo conto di questa differenza: evidentemente non  ha argomentazioni con cui rispondere.


E, soprattutto, deve mettere a tacere il dissenso.


Nel post immediatamente precedente di questo blog ( "Il blog del Manifesto "Prima le donne e bambine": i soliti "due pesi e due misure"?") avevamo descritto la vicenda.


Sul blog tenuto dalla dr.ssa Betti era comparso un suo post, a firma sua, nel quale la stessa si lagnava delle offese che avrebbe ricevuto sul sito di Adiantum.
Un articolo della Redazione di Adiantum avrebbe definito il suo blog discriminatorio e sessista, e avrebbe offeso la sua professionalità con altri commenti.


Quando la dr.ssa Betti se ne era lagnata, ero intervenuto io, sostenendo che anche io ero stato offeso sul suo blog, e che, fatto ancora più grave, anche io ero stato accusato di essere un truffatore che dava credito ad un impostore come Gardner e quasi difendeva i pedofili e aggrediva le mamme disperate.


Ma la dr.ssa Betti, dicevo nel commento che volevo far pubblicare, aveva lasciato correre tranquillamente, ignorando ogni offesa e ogni aggressione a me e alla mia professionalità, e lasciandole tranquillamente correre.


Nel mio commento le chiedevo se questo non fosse dunque lo specifico di un certo tipo di femminismo: pronto a lagnarsi terribilmente appena viene toccata una donna, pronta a lasciar correre ogni aggressione quando aggredito è l'uomo.


La dr.ssa Betti non ha mai pubblicato il mio post e ora l'ha definitivamente censurato.


Come si può notare, infatti, andando all'indirizzo del blog del Manifesto, all'articolo in questione, l'intervento che io avevo scritto, e che sino a ieri sera era "in attesa di approvazione", non esiste, ed è stato rifiutato.


Morale: la dr.ssa Laura Betti parla di democrazia e dialogo solo quando le fa comodo e censura gli interventi che dimostrano come l'ideologia che la guida è conferire sempre alla donna il ruolo di vittima e al maschio quello di vessatore.


La censura di cui ha fatto oggetto il mio intervento dimostra che le cose stanno, spesso, esattamente al contrario.
La censura di cui mi ha fatto oggetto la dr.ssa Betti è un atto di violenza al dialogo e al confronto.
Un mettere a tacere il dissenso quando porta argomenti inoppugnabili contro gli stereotipi che guidano spesso il suo operato.
Altro che Adiantum!
Altro che difesa dei diritti umani!!
Qui c'è la censura vera!!!







A sinistra, la foto dell'intervento che era stato postato ed era in attesa di approvazione.
La dr.ssa Betti l'ha censurato: vi si sosteneva appunto che l'ideologia femminista usa due pesi e due misure a seconda che l'obiettivo dell'aggressione sia maschio o femmina.
Con questa censura la dr.ssa Betti dà ragione piena a quell'intervento.


Questo era il testo:

Egregia dr.ssa Betti,
ha tutta la mia solidarietà.
Però, volendo fare l’avvocato del diavolo, vorrei esporre un mio punto di vista.
Premetto che non ho alcun rapporto di alcun tipo con Adiantum, che non so chi abbia firmato quel pezzo e che non condivido nemmeno tutte le impostazioni di Adiantum (ad es., sull’affido condiviso nicchio un po’: ritengo non sia possibile una algebrizzazione dei contatti, ma che occorra instaurare una cultura della relazione vs la cultura del diritto dei singoli).
Il mio punto di vista è che anche io sono stato oggetto -insieme ad altri- di attacchi alla persona.
A me personalmente hanno contestato una professionalità truffaldina (spaccerei per malattia una frode), mi hanno tacciato di dar credito e propagandare le teorie di un impostore, e di essere maschilista dalla parte dei padri.
Non mi è sembrato di sentire nessuna voce che si levava a tutela del mio diritto a non passare per un professionista scorretto, che spaccia teorie false e propaganda quelle di un impostore.
Lei ha si permesso il dialogo, ma ha permesso che si dicesse anche questo, di me (e di altri). E ha in sostanza permesso che svilissero me, la mia professionalità, il mio impegno.
Però io non ho detto niente, l’ho considerato parte di un confronto aspro, e non mi sono lamentato: l’ho buttata anzi sull’ironia, alla fine.
Mi permetta dunque una brutta provocazione -credo che lei se lo può permettere proprio perché capace di accettare un dibattito anche urticante e a volte offensivo.
Ma non sarà questa, a volte se non spesso, l’essenza di un “femminismo” che allorché lo svilimento e l’offesa -la violenza- colpiscono la donna, la identifica subito come vittima, ma lascia poi correre senza alcuna remora, quando colpito è il maschio?
Grazie e mi scusi… l’ardire!”