11 ottobre 2012

Chi l'ha visto un vero modo di informare in caso di Mobbing Genitoriale?


Certo non l'ha visto chi ha assistito alla puntata di ieri, 10 ottobre 2012, di “Chi l'ha visto?”.

Il modo con cui, nella puntata in questione è stata presentata la tragica vicenda del bambino prelevato in provincia di Padova dalla Polizia di Stato per esser consegnato al padre, e delle drammatiche modalità con cui si è svolto il prelievo, è infatti, secondo noi un grave e terribile esempio di disinformazione.

Le immagini del prelievo apparentemente parlavano chiaro.
Urla, strilla, il piccolo di dieci anni che si dibatte disperatamente. Gli agenti che lo tirano via.
Pianti, strilla, richieste di aiuto con la voce di un bambino che a quell'ora doveva stare a scuola.

Tutto molto semplice.
Appunto: troppo semplice.

La vera disinformazione di "Chi l'ha visto?" è consistita appunto nel mostrare solo queste scene.

Troppo comodo, come sistema.

Come troppo semplice e comodo, troppo disinformante, veramente disinformante, è stato utilizzare la logica per la quale si stigmatizzavano solo le modalità del prelievo.

Senza far in alcun modo presente, e dunque occultandolo alla consapevolezza degli ascoltatori ignari di queste vicende, che se si è arrivati ad una situazione del genere, precedentemente a questo episodio vi è stato tutto un inanellarsi di eventi e situazioni, comportamenti e prese di posizione, che hanno portato il bambino a rifiutare pesantemente tutta una parte di sé e della propria vita, cioè l'altro genitore, quello che è stato costretto a ricorrere a mezzi simili, evidentemente non avendone altri.

E non si può non pensare che la responsabilità di tutto ciò non gravi proprio, almeno in parte o in gran parte, sulle spalle di chi, nel filmato, strillava che i bambini non si portano via così.

Certo: ma non li si riducono così, non li si portano a rifiutare in modi così terribili i contatti con l'altro genitore.

E di questo non ne hanno certo colpa né la Polizia che eseguiva l'ordinanza, né il consulente che ha fornito il parere al magistrato che ha deciso, né quest'ultimo.

La chiave disinformativa, detto in altri termini, è consistita appunto nella parcellizzazione della informazione: tutta la vicenda è stata ridotta ai suoi ultimi minuti.

Tutto il dramma consisteva solo in quelle scene.

Il resto non aveva alcuna importanza: come si fosse arrivati a quel punto non meritava mezzo secondo di intervento.

E, così, è stato occultato il vero dramma del bambino, che è quello di essere stato portato fino a quel punto di sofferenza.

Quello era un bambino che avrebbe dovuto trascorrere del tempo con il padre, e che avrebbe dovuto volere gli incontri con lui.

E' stato ridotto da qualcuno ad un piccolo disperato essere che si ribella e si strazia all'idea di stare con il padre, e poi ci si lamenta di come urlava e strillava, e del fatto che è servita la Polizia per dare la potestà al padre.

Sicuramente gli autori del programma contesteranno, con molta superficialità, a nostro avviso, tale lettura della loro trasmissione, sostenendo che il loro intento era solo quello di mostrare che le modalità del prelievo sono state incongrue e mal organizzate.

Appunto. La disinformazione è proprio questa. Mostrare il dramma di quel "prelievo", scenicamente intenso, tale da far alzare bene lo share e gli ascolti, degli ultimi istanti del conflitto, senza minimamente chiedersi o far notare che se si è giunti a quel punto è perché ci sono pesantissime responsabilità di chi doveva educare in ben altro modo l'affettività del piccolo.

In questo modo lo spettatore è stato portato a stigmatizzare come terribile solo questa ultima minuscola frazione della vicenda, e non gli anni di tragedia e di conflitto che l'hanno preceduta e, soprattutto, senza prendere in alcuna considerazione che molto probabilmente dietro quelle urla e quegli strilli, prima di quel prelievo, ci sono stati – molto probabilmente - terribili omissioni educative, forse veri e propri lavaggi del cervello- da parte di chi doveva far crescere il piccolo in un sereno contatto con entrambe le figure genitoriali.

E' evidente che quel piccolo è stato in qualche modo condizionato a non volere alcun rapporto con l'altro genitore, quello a cui l'intervento della Polizia lo consegnava, per ridarlo alla sua potestà.

Ma "Chi l'ha visto?" non ha in alcun modo accennato alle responsabilità di chi avrebbe dovuto educare il bambino all'affettività verso entrambi le figure genitoriali, trasformandolo in un piccolo che per andare con uno dei due doveva essere prelevato dalla Polizia.

"Chi l'ha visto?" si è assunto così una terribile responsabilità: ha occultato che vicende del genere possono nascere solo quando l'atteggiamento di chi cresce il bambino lo espone -e forse lo immerge pienamente- alla conflittualità dell'uno contro l'altro, trasformandolo in un combattente senza armi arruolato in uno schieramento che potrebbe non essere meno feroce, in senso psicologico, degli eserciti che arruolavano i soldati-bambini.

Perché gli autori del programma non hanno mostrato nulla della storia che precedeva quell'intervento?

Perché si sono focalizzati solo sull'intervento della Polizia, e non hanno minimamente fatto presente che se un bambino arriva a comportarsi in quel modo, e soprattutto a dover essere oggetto di un intervento del genere, è perché gli adulti che dovevano educarlo all'amore verso entrambi le figure genitoriali, hanno operato invece, molto probabilmente, esattamente al contrario, cioè inducendolo ad odiare uno dei due, col risultato di costringere Tribunali e Polizia?

Ci si è chiesto qual è stato il ruolo dei legali intervenuti nella vicenda, e se il loro operato abbia contribuito a rasserenare oppure ad esasperare i comportamenti che hanno portato poi il bambino a sviluppare questi atteggiamenti autolesivi?

Perché nulla di tutto questo è stato mostrato e detto?

Troppo comodo far parlare solo l'avvocato di una parte, troppo comodo mostrare solo l'ultima scena della tragedia senza puntare l'attenzione sulle responsabilità di chi viveva col bambino e l'ha probabilmente portato a quel rifiuto drammatico verso l'altro, troppo comodo permettere all'avvocato di una sola parte di intervenire, troppo comodo non approfondire in alcun modo le problematiche emerse nella Consulenza del professionista che ha consigliato quella soluzione, troppo comodo non sentire le motivazioni di questa consulenza e non chiedersi nemmeno se dicesse qualcosa di fondamentale, troppo comodo mostrare solo le ultime urla del bambino e non il suo strazio silenzioso di bambino arruolato in una guerra spaventosa, troppo comodo stigmatizzare l'ispettore di Polizia che diceva alla donna che urlava “Lei non è nessuno”.

Anche perché quell'ispettore di Polizia, una donna, aveva ragione.

La donna che parlava non aveva alcun titolo ad intervenire. E invece, a quanto sottolineano invece i giornali, era la solita nonna che invece di far opera di pacificazione e serenità, si è messa -a quel che riferiscono i quotidiani- a lottare contro l'intervento della Polizia, che eseguiva il volere di un Tribunale.
Un Tribunale che -e "Chi l'ha visto?" non ha per nulla approfondito questo aspetto- ha pensato di dare al padre del piccolo la piena potestà sul bambino. Evidentemente per motivi che dovevano avere una certa validità.
E di cui "Chi l'ha visto?" ci ha omesso tutto.

La chiave è dunque questa: è mistificatorio additare come terribile solo gli ultimi istanti di una tragedia quando, se si è giunti a quel punto, devono esserci terribili responsabilità negli adulti che hanno accompagnato la vita di quel piccolo, e molto probabilmente soprattutto negli adulti che l'hanno portato a rifiutare con tanta tragedia la vita con uno dei due.

Un pessimo, veramente pessimo, esempio di disinformazione.

dr. Gaetano GIORDANO

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