20 ottobre 2012

Bambino strappato alla madre o madre che strappa le sentenze?


Il dr. Marco Muffolini, è dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche.
Informatico, è Consulente del Centro Studi Separazioni e Affido Minori per i contenuti informatici e multimediali.
Laureatosi con una tesi dal titolo “Vedere come pratica sociale: analisi e discussione di un articolo scientifico” per la Cattedra di Tecnologie per la collaborazione e la formazione, è l'esperto che analizza e studia i video e i documenti multimediali che arrivano al Centro Studi.
La sua collaborazione è stata determinante per risolvere diversi casi -come ad esempio alcuni di “falsi abusi” - nei quali i video e gli audio forniti in realtà rivelavano informazioni sfuggite alle prime, in alcuni casi ufficiali, non approfondite analisi.
Specialista in analisi delle comunicazioni, ha scritto per questo blog un articolo dal titolo e dal contenuto illuminanti.

- CENTRO STUDI SEPARAZIONI E AFFIDO MINORI
- OSSERVATORIO PERMANENTE CONTRO GLI ABUSI PERITALI
§ - Roma, in Piazza dei Re di Roma 3. 067017455 - 393.33.20.419
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§ - A Reggio Emilia: via Che Guevara n 55 - tel. 347.2583764

Il "Centro Studi Separazioni e Affido Minori" (e l' “Osservatorio Permanente contro gli Abusi Peritali”) sono formato da colleghi psicologi e medici uniti tra loro da un solo vincolo culturale e di colleganza professionale, e -fatto determinante- non uniti da alcun aspetto associativo formalizzato.

Quello che unisce i colleghi sono solo "conoscenze" da condividere e l'Etica con cui utilizzarle.

Il Centro e l'Osservatorio non offrono direttamente Consulenze Legali.




Il caso mediatico della settimana è senza dubbio quello del bambino di Cittadella, in provincia di Padova, presentato al “Grande Pubblico” come “bambino conteso”.
Perché i media hanno scelto di dare grande risalto a questa storia? Eppure ogni giorno ci sono centinaia di storie difficili nel nostro paese che vengono completamente ignorate.
Vorrei partire da quello che ai miei occhi appare come un dato di fatto, un presupposto semplice sul quale vorrei coinvolgervi: la logica dell’informazione in Italia.
Quella che comunemente chiamiamo “informazione” non può e non deve essere confusa con il concetto - a sua volta illusorio - di realtà: l’informazione infatti è la narrazione di un evento ritenuto significativo da colui che lo racconta, attraverso una personale categorizzazione della propria percezione. Questo è quello che facciamo ogni volta che comunichiamo, dal racconto ad un amico sull'ultima partita di calcio, a quando cerchiamo di essere “assolutamente obiettivi”.
La cosa si complica ulteriormente se il nostro mestiere è quello di raccontare ad un “utente” il vissuto di una persona (o gruppo di persone), attraverso un mezzo di comunicazione di massa.
Il nostro modo di vivere sempre più “virtualmente sociale”, negli anni è stato ulteriormente rinforzato prima attraverso la fascinazione televisiva, che porta illusoriamente il mondo esterno nel proprio salotto, e poi tramite la rete, il nostro salotto nel mondo esterno. 
Questa rapida trasformazione della fruizione dell’informazione in termini di quantità e qualità, ha modificato profondamente l’utilizzo dei media da parte dell’utenza (tutti noi). 
Oggi siamo abituati a farci un’idea dei contenuti leggendo i titoli e questi ultimi più saranno attraenti, tanto più porteranno profitto a chi li produce.
Da cosa siamo attratti? Dalle notizie? No, dalle emozioni. 
Quelle emozioni che ricerchiamo sempre di più per vie traverse, quelle che possiamo maggiormente controllare e sperimentare in pillole, nelle quali possiamo specchiarci a distanza e che, con un click sul mouse o telecomando, possiamo evitare. Questo chiaramente chi lavora nella comunicazione lo sa e lo mette in pratica cercando una collusione con l’utente, aderendo a quella che nel tempo l’utente stesso, attraverso la fruizione, ha manifestato come domanda.
A questo punto la diade Utente-Media per raggiungere il soddisfacimento dei propri obiettivi (come già descritto, sperimentazione di emozioni e rispecchiamento da una parte e profitto dell’altra) ha bisogno di un’ulteriore collusione: quella con l’attore del “fatto” della notizia emozionale il quale, a sua volta - e qui torniamo all’incipit di questo articolo - può soddisfare il suo bisogno di esposizione mediatica, mezzo necessario al conseguimento prima del “consenso popolare”, espresso nei termini emotivi del rispecchiamento, e poi dell’alterazione della realtà, utile ai propri scopi
Nel caso in oggetto è la possibilità di “contendere” il bambino nonostante una sentenza del tribunale che, di fatto, glielo impedirebbe.
Ma perché i media si sono “scatenati” su questo caso piuttosto che su un altro?
I siti internet e la televisione sono accumunati da un elemento: l’immagine e l’audio.
La presenza di un video “vero”, realizzato addirittura in presa diretta dall’attore in causa, è un’occasione imperdibile per chi deve realizzare quanto abbiamo appena descritto. La sensazione di “vivere in prima persona” l’accaduto è fortissima proprio grazie alla sua natura “amatoriale”. 
La confusione, l’angoscia non ha bisogno di essere descritta all’utente, gli vengono fatte “vivere” con le immagini e l’audio. Siamo lì(?).
Le immagini e l’audio mostrano e nascondono: sono mosse, confuse e rese ulteriormente spaventose dall'oscuramento dei volti e dai numerosi “bip” (attuato prima per la privacy e poi dimenticato quando si fanno nomi, cognomi e indicazioni sulle città di residenza).
Le urla della zia del bambino – strazianti - raccontano "tutto". Un tutto che non da scampo alle nostre consapevolezze e al nostro bisogno di "andare oltre".
E creano nello spettatore una falsa quanto indiscutibile consapevolezza.
E cioè che tutto quello che ci sia da capire e da vedere sia all'interno di quel video, perché tutto quello che conta è in quelle urla e in quelle immagini mosse.
Sparisce così qualsiasi domanda o interrogativo sul perché sia successo quello che si vede e ...quello che (non) si vede. 
Il video diventa così un mondo "totale" fascinante e ipnotizzante.
E la nostra "cultura" crea quindi nuovi e attualissimi Mesmer -gli strateghi del consenso e dell'illusione collusiva massmediatica- che fascinano senza scampo un pubblico di nuovi e sempre più "felici" ipnotizzati.

Marco Muffolini