22 maggio 2006

I PAPA SEPARATI HANNO LE MANI PULITE - VOTA ANTONIO MATRICARDI AL COMUNE DI ROMA



IL PROGRAMMA DI ANTONIO MATRICARDI

Ho accettato di candidarmi con l’Italia dei Valori alle prossime elezioni amministrative del 28 e 29 maggio sia per il rinnovo del consiglio comunale che per il rinnovo consiglio del XVII Municipio per portare la voce di un padre separato che da otto anni si batte per vedere riconosciuti ai figli di coppie separate il diritto a mantenere rapporti continuativi ed equilibrati con entrambi i genitori dopo la separazione.

I punti salienti del mio programma politico sono:

• potenziamento e aggiornamento dei consultori e dei centri di mediazione destinati alla gestione specialistica ed extragiudiziaria della conflittualità nelle separazioni coniugali;

• la revisione dell’attuale sistema fiscale che preveda lo sgravio ICI per il genitore separato non affidatario costretto suo malgrado a lasciare l’appartamento coniugale all’ex coniuge e ai figli;

• una riformulazione dei criteri di accesso all’edilizia popolare che tenga conto della mutata situazione economica dei genitori a seguito della separazione;

• trasferimento di fondi verso la scuola primaria per garantire, fin dai primi anni del percorso scolastico dei nostri figli, la dotazione degli strumenti e dei metodi didattici più evoluti e innovativi.

• creazione di uno SPORTELLO GENITORI SEPARATI per sostenere legalmente e giudiziariamente quei genitori separati in difficoltà nell'esercizio dei propri diritti, e che non riescono ad usufruire dei servizi di Mediazione

ANTONIO MATRICARDI
VIA ANTONIO MORDINI, 14 00195 ROMA
TEL. 0636887190
CELL. 3357510577
WWW.PAPASEPARATI.IT

21 maggio 2006

L’assegnazione della casa familiare dipende da esigenze oggettive dei figli

Un ottimo intervento dell'avvocato Max Fiorin di Bologna in materia di assegnazione della casa coniugale. (http://www.studiofiorin.it/).

Nelle sue note, lo studio mette in rilievo l'importanza sociale del problema, andando ad analizzare il coordinamento con la nuova normativa sull'affido condiviso.



Una sentenza della prima Sezione della Suprema Corte (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1198 [PDF]) ci consente di fare il punto su un aspetto tra i più delicati della separazione coniugale. E' indubbio che, tra i beni patrimoniali coinvolti nelle crisi delle famiglie, la casa occupi quasi sempre una posizione centrale. Oltretutto, nel nostro Paese il fenomeno è particolarmente accentuato, dal momento che per gli Italiani la proprietà dell'abitazione in cui si vive è un obiettivo di vita molto più avvertito e più frequentemente raggiunto di quanto non avvenga altrove.

Dunque, l’assegnazione giudiziale della casa coniugale in sede di separazione è un provvedimento di decisiva importanza, che riveste anche una crescente rilevanza socio-economica, a nostro avviso non ancora abbastanza indagata. E' già ampiamente osservabile che, per ragioni tanto evidenti quanto poco nobili, nel prossimo periodo i media nazionali parleranno sempre meno di declino della Nazione, di casalinghe che non arrivano a fare la spesa a fine mese, di bambini lasciati senza latte nella quarta settimana, ed altri consimili scenari ossianeschi. Quindi, è probabile che anche il problema in esame continuerà a rimanere nell'ombra.

Tuttavia, andrebbe tenuto presente che il fenomeno della separazione coniugale di massa comporta che in Italia, in migliaia di casi ogni anno, si verifica l'immediata ed irrevocabile perdita di un primario bene vitale a carico di un cittadino (il padre nell’85% circa dei casi) che non dispone di soluzioni alternative agevoli – considerati i notevoli costi delle abitazioni e degli affitti – e che spesso viene anche penalizzato nei suoi diritti di proprietario.

Questo fenomeno a nostro avviso comincia ad essere preoccupante per la coesione stessa del tessuto sociale, visto che sempre più sociologi ed economisti si trovano costretti ad ammettere che tra i “nuovi poveri” e gli emarginati che si aggirano per le nostre città, specialmente nei grandi centri urbani, i padri separati sono ormai una categoria in evidenza. Inoltre, è intuitivo che il forzato sdoppiamento delle abitazioni di una crescente massa di ex-nuclei familiari, che vede come inevitabile corollario un raddoppio di costi per le utenze domestiche, per gli arredamenti, per i consumi quotidiani, e così via, alla lunga comporta anche una dispersione di risorse ed una crescita di prezzi che, specie in periodi di recessione, incide in modo tutt'altro che virtuoso sulle condizioni economiche generali.

Ma ora il problema si sta riproponendo anche sul piano strettamente giuridico, dal momento che il nuovo art. 155 quater cod. civ., introdotto dalla legge n. 54/2006 sull’affido condiviso, ha fatto cadere il muro dell’ipocrisia riguardo al fatto che l’assegnazione della casa coniugale dovesse tenere conto soltanto delle esigenze dei figli, considerando quasi irrilevanti i rapporti economici tra i genitori che avevano acquistato o preso in locazione il bene.

L'art. 155 quater, infatti, oltre a precisare che l’interesse dei figli deve essere valutato “prioritariamente”, e quindi non in modo esclusivo, ha espressamente aggiunto che devono essere tenuti in considerazione anche i predetti rapporti economici tra i genitori e il titolo di proprietà. La norma si è inoltre premurata di precisare che il diritto di godimento del coniuge separato sull’abitazione viene meno in caso di mancato utilizzo stabile del bene, così come di nuove nozze o di nuova convivenza more uxorio, e che l’eventuale cambiamento di residenza dell’assegnatario può comportare la revisione delle condizioni di separazione anche sul piano economico. Queste specificazioni, a nostro avviso, di per sé la dicono assai lunga sugli abusi ai quali la prassi dei provvedimenti di assegnazione aveva dato luogo nel corso degli anni.

Ben venga dunque questa sentenza della Cassazione che, pur essendo tutt’altro che rivoluzionaria, per il fatto stesso di aver accolto il ricorso proposto da un padre separato ci dimostra che, su questo problema, orientamenti contrari ai principi generali ricorrono ancora di frequente nelle decisioni di merito.

Il concetto di fondo ribadito dalla Suprema Corte è che l’assegnazione della casa coniugale al genitore affidatario dipende in primo luogo dall’esigenza di mantenere fermo il più possibile l’habitat domestico nel quale i figli erano cresciuti prima della separazione. Inoltre, tale assegnazione viene meno nel momento in cui i figli acquistano l’autosufficienza economica, ovvero rimangono dipendenti dai genitori senza più ragioni oggettive. Devono dunque applicarsi, anche rispetto a detta assegnazione immobiliare, i criteri già invalsi per la cessazione dell’assegno di mantenimento.

Nella fattispecie, al contrario, la vicenda di merito aveva visto la Corte d’Appello di Bologna confermare l’assegnazione alla moglie della casa di proprietà comune dei coniugi, per quanto non si trattasse dell’abitazione nella quale la figlia era cresciuta prima della separazione, e nonostante che la figlia stessa – omai maggiorenne – fosse diventata economicamente autonoma, pur continuando a convivere con la madre. La Cassazione ha dunque rinviato ad altra sezione della Corte, anche per una nuova determinazione dell’assegno di divorzio, che la sentenza cassata non aveva riconosciuto alla moglie proprio in considerazione dell’assegnazione della casa.

Si tratta pertanto di una sentenza che ci consente di ribadire alcuni punti fermi: in primo luogo, che il provvedimento di assegnazione è funzionale alle sole esigenze dei figli, e conferisce al coniuge convivente con essi un diritto di godimento meramente accessorio, che ora con il nuovo art. 155 quater è anche trascrivibile per l’opponibilità ai terzi. Come dicevamo, tale diritto è strettamente condizionato da un’esigenza della prole a carattere oggettivo, e la cui individuazione non è affidata alla sensibilità del giudice.

Dunque, in primo luogo, non deve mai essere disposta l’assegnazione della casa quando la coppia è senza figli (e questo dovrebbe essere più tenuto presente dalla giurisprudenza di merito, che invece – almeno in pendenza della causa di separazione – tende a perpetuare il criterio anche in assenza di prole, per evidenti finalità assistenziali nei confronti del coniuge asseritamente più debole, che poi, di default, è da individuarsi nella moglie).

In secondo luogo, l’interesse tutelato della prole è unicamente quello alla permanenza nell’habitat domestico nel quale si è stati cresciuti prima della crisi coniugale, e non quello di convivere con il genitore affidatario in una abitazione purchessia. Ne consegue pertanto, del tutto coerentemente, che il diritto di assegnazione non si trasferisce automaticamente assieme all'affidatario, fermo restando in linea di principio il diritto di quest'ultimo a cambiare residenza. E in ogni caso, l’assegnazione dell’abitazione familiare al genitore convivente deve cessare quando – una volta raggiunta l’indipendenza economica dei figli ovvero una volta che sono venute meno le ragioni oggettive perché essi continuino a dipendere dai genitori – non può più essere riconosciuto né ai figli né di conseguenza al genitore già affidatario un interesse protetto a permanere oltre nella casa ormai ex-familiare.

Salvo ovviamente che la casa in questione non sia di sua esclusiva proprietà, o che l’ex-coniuge goda di un autonomo titolo di detenzione della stessa. Anzi, a nostro avviso deve deve senz’altro ritenersi che, cessate le ragioni dell’assegnazione, venga automaticamente meno anche il diritto di succedere al coniuge ex-locatario, previsto dall’art. 6 della legge n. 392 del 1978.

La soluzione ribadita dalla Cassazione è dunque funzionale ad un sistema più equilibrato, sulla scia di quanto il legislatore ha cercato di disporre per mezzo del nuovo art. 155 quater cod. civ. Quest’ultimo, peraltro, in virtù dell’art. 4 della legge n. 54/2006 dovrebbe diventare norma generale di riferimento anche in caso di divorzio, e quindi valere anche come criterio interpretativo dell’art. 6, comma 6°, della legge n. 898 del 1970 sullo scioglimento del matrimonio.

In futuro dunque dovrebbe divenire più difficile che le esigenze di tutela della prole nella separazione diventino un mezzo surrettizio di tutela abitativa nei confronti del “coniuge più debole”: la posizione economica di quest’ultimo dovrebbe trovare già sufficiente tutela nel diritto all’assistenza materiale da parte del coniuge e nel diritto agli alimenti, nonché nelle norme sullo scioglimento dell’eventuale comunione legale, e soprattutto – in caso di definitiva cessazione del matrimonio civile – nell’art. 5 della citata legge n. 898 che determina i criteri di determinazione dell’assegno di divorzio. In questi ultimi casi la tutela del coniuge più debole (diciamo pure della moglie) è condizionata dalla sussistenza di fattori oggettivi, quali soprattutto la pregressa partecipazione alla vita familiare, nonché la oggettività delle ragioni che impediscano alla moglie stessa di conservare un tenore di vita compatibile, anche se – come precisato dalla stessa giurisprudenza – non necessariamente identico a quello goduto in costanza di matrimonio.

In altri termini, l’entrata in vigore delle nuove norme sull’affidamento condiviso dovrebbero avere reso ancor meno conforme ai principi generali il fatto che il matrimonio e la maternità possano di per sé costituire una “rendita vitalizia” a favore della donna, e a carico del coniuge maschio, anche successivamente alla separazione e allo scioglimento del vincolo civile. In quest’ottica, la sospirata approvazione della legge 54/2006 avrebbe rappresentato anche un’ottima occasione per riformare gli ultimi due comma dell’art. 5 della legge n. 898 sul divorzio, che continuano a disporre che l’assegno di divorzio e la tutela sanitaria cessino automaticamente soltanto quando il nuovo coniuge “passa a nuove nozze”.

Infatti, in primo luogo queste ultime norme ora non sono più coordinate con la nuova legge sull’affido condiviso, che al contrario si è fatta carico dei notevoli abusi morali e patrimoniali ai quali aveva dato luogo il sempre più diffuso costume delle convivenze more uxorio da parte dei coniugi separati o divorziati. Ma a parte questo, è del tutto evidente che il criterio della tutela assistenziale “fino a nuove nozze” risponde alla mentalità tradizionale secondo la quale il matrimonio – come del resto vuole l’etimologia della parola – ha una funzione di “tutela della madre” (e della donna in genere). Tale tutela, una volta legittimato il divorzio civile, nelle intenzioni del legislatore del 1970 avrebbe comunque dovuto trasferirsi da un marito all’altro.

Inutile precisare che una simile concezione pare del tutto contraria alla moderna mentalità sul ruolo della donna nella società. Eppure, chissà perché, in sede politica non si sono mai registrate particolari pressioni affinché simili residui della mentalità tradizionale venissero eliminati dal nostro ordinamento. Anzi, le notevoli resistenze che tuttora si registrano rispetto alla nuova legge sull’affidamento condiviso dimostrano che una funzione assistenziale delle assegnazioni abitative e pecuniarie a favore della ex-coniuge affidataria continua ad essere vista con un certo favore, anche da parte delle più accese fautrici delle “pari opportunità”.

Sono dunque assai opportune sentenze chiarificatrici come quella in commento, nella speranza che esse possano favorire anche un cambiamento di mentalità da parte dei giudici di merito, verso una visione meno “assistenzialista” delle dazioni patrimoniali imposte a carico maschile dal fenomeno di massa delle separazioni e dei divorzi. Specialmente in presenza di figli, il cui “interesse preminente” altrimenti continuerà ad essere interpretato in modo strumentale, dai protagonisti della crisi familiare così come dagli operatori. (M.F. 19.5.06)

17 maggio 2006

ABUSO PSICOLOGICO: ARTICOLO ONLINE SU PSYCHOMEDIA

E’ stato pubblicato un ottimo articolo dell’avvocato Paolo di Martino, che al convegno AILAS aveva parlato di un importante – e misconosciuto – aspettodell’ABUSO PSICOLOGICO NELLA SEPARAZIONE GENITORIALE: PROFILI GIURIDICI E CRIMINOLOGICI”.

L’articolo riprende più estesamente i temi affrontati al Convegno AILAS, e si intitola: “ABUSO PSICOLOGICO: PROFILI GIURIDICI E CRIMINOLOGICi”.

E’ visibile nell’area di Psychomedia gestita dal dr. Gaetano GIORDANO, Disagio familiare, Separazioni e Affido dei Minori, coordinata da Gaetano GIORDANO.

L’articolo dell’avvocato di Martino apre una interessantissima via, tutta difficile quanto geniale, di nuovo inquadramento dell’abuso psicologico in campo coniugale e genitoriale

Per leggerlo, cercare l’articolo nella pagina di apertura dell’Area: http://www.psychomedia.it/pm/grpind/sepindx1.htm

CONVEGNO A ROMA SULL'AFFIDO CONDIVISO

Il 29 maggio 2006, a Roma, nell’Aula Magna del Palazzo di Giustizia a Roma, in Piazza Cavour, alle ore 9.00, inizierà il Convegno Nazionale: “AFFIDO CONDIVISO: VERSO UNA PRASSI CONDIVISIBILE”, organizzato dalla Associazione Nazionale Magistrati.

Per maggiori informazioni:
http://www.centrostudi-ancoragenitori.it/condcas.pdf

15 maggio 2006

I PAPASEPARATI HANNO LE MANI PULITE - VOTA ANTONIO MATRICARDI AL COMUNE DI ROMA



IL PROGRAMMA DI ANTONIO MATRICARDI

Ho accettato di candidarmi con l’Italia dei Valori alle prossime elezioni amministrative del 28 e 29 maggio sia per il rinnovo del consiglio comunale che per il rinnovo consiglio del XVII Municipio per portare la voce di un padre separato che da otto anni si batte per vedere riconosciuti ai figli di coppie separate il diritto a mantenere rapporti continuativi ed equilibrati con entrambi i genitori dopo la separazione.

I punti salienti del mio programma politico sono:

• potenziamento e aggiornamento dei consultori e dei centri di mediazione destinati alla gestione specialistica ed extragiudiziaria della conflittualità nelle separazioni coniugali;

• la revisione dell’attuale sistema fiscale che preveda lo sgravio ICI per il genitore separato non affidatario costretto suo malgrado a lasciare l’appartamento coniugale all’ex coniuge e ai figli;

• una riformulazione dei criteri di accesso all’edilizia popolare che tenga conto della mutata situazione economica dei genitori a seguito della separazione;

• trasferimento di fondi verso la scuola primaria per garantire, fin dai primi anni del percorso scolastico dei nostri figli, la dotazione degli strumenti e dei metodi didattici più evoluti e innovativi.

• creazione di uno SPORTELLO GENITORI SEPARATI per sostenere legalmente e giudiziariamente quei genitori separati in difficoltà nell'esercizio dei propri diritti, e che non riescono ad usufruire dei servizi di Mediazione

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12 maggio 2006

UNA AVVOCATESSA CONTRO IL MOBBING

Riporto di seguito una bella comparsa di un legale del Foro di Roma, l'avvocatessa Marina Petrolo, che con rara competenza e grande capacità professionale ha rappresentato, a difesa di un papà, sia la necessità del ricorso all'affido condiviso, sia l'importanza che ha - nella tutela del minore - il denunciare gli episodi di mobbing genitoriale, cui contrapporre, in caso di rifiuto ai contatti con l'altro genitore (nel caso specifico: come quasi sempre accade, verso il padre) l’AFFIDO CONDIVISO e - comunque – i criteri della bigenitorialità.


Ricordiamo qui come soprattutto nella tutela dei propri diritti in tema di mobbing genitoriale, sia estremamente importante rivolgersi agli specialisti e consulenti adeguati.


Oltre al criterio della competenza professionale, infatti, occorre affidarsi, e nel caso dei legali affidare i propri clienti, a quei consulenti che a loro volta non si siano mai prestati a essere il "braccio armato" scientifico e/o professionale di azioni mobbizzanti: tutti, al momento giusto, sanno parlare da tutori del bambino, pochi (e l’avvocatessa Petrolo è fra questi) sanno rinunciare a facili vantaggi quando non collidono con un’etica della condivisione e di un reale rispetto del minore e delle sue relazioni significative.

Occorre cioè creare una cultura della consulenza che premi i consulenti e i professionisti che contribuiscono (e il nostro intervento al Congresso AILAS andava proprio in questa direzione) a un'ETICA del rispetto della genitorialità, e non che si siano già - per così dire - CONSEGNATI mani e piedi ad un sistema fondamentalmente abusante, operando cioè - per ragioni di lucro e vantaggio personale - con pratiche lesive della genitorialità e dei minori che millantano di tutelare.



TRIBUNALE CIVILE DI ……….

R.G. ……. - Dott……………..

NOTE AUTORIZZATE ALL’ UDIENZA ISTRUTTORIA DEL ……….

IN MERITO ALL’ISTANZA EX ART. 708 C.P.C.

Per

SIG. MASSIMO ( Avv. Marina Petrolo)

- resistente / attore in riconvenzionale -

Contro

SIG.RA GIOVANNA (Avv. …………………)

- ricorrente/ convenuta in riconvenzionale -


La prima circostanza sulla quale si vuole appuntare l’attenzione dell’Illustre Giudicante riguarda l’approvazione congiunta da parte di Camera e Senato, intervenuta il 24/1/2006, del Disegno di Legge n° 3537 intitolato “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”.

L’approvazione di tale legge comporta, all’interno del processo di separazione e divorzio di coniugi, una vera e propria rivoluzione culturale. Essa infatti costituisce il punto di arrivo di un profondo cambiamento nel costume, recepito peraltro da molte recenti pronunce sia dei Tribunali di merito che della Suprema Corte, che , dalla sottoscrizione della Convenzione sui diritti del fanciullo sottoscritta a New York il 20 novembre 1989 (resa esecutiva in Italia con la legge n. 176 del 1991) sposta il baricentro delle problematiche familiari dal dissidio della coppia ai diritti dei bambini ed in particolare sull’affermazione del principio della bigenitorialità, cioè del diritto dei bambini a mantenere la continuità di significative relazioni con entrambi i genitori e, non da ultimo, anche con gli ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale .

Non a caso tale legge viene da tutti comunemente definita come legge sulla bigenitorialità .

Ai figli è riconosciuto il diritto a una relazione piena e significativa con entrambi i genitori, che conserveranno - se entrambi idonei - la responsabilità di educarli e prendersene cura: nel quotidiano, non solo nelle emergenze. Le madri spezzeranno l'isolamento e la solitudine, mentre i padri rientreranno finalmente a pieno titolo nel ruolo genitoriale che l’attuale assetto delle cose, in via prevalente, gli consentiva di esercitare soltanto nell’ambito della famiglia NON separata.

L’obiettivo sotteso alla nuova legge è, peraltro, anche quello di cambiare radicalmente l'atteggiamento dei magistrati di fronte al fenomeno della disgregazione familiare, obbligandoli a mutare l'ottica che sta alla base delle loro decisioni nonché a scostarsi da una lista decennale di sentenze che accordano alla madre il ruolo di genitore eletto per la crescita della prole.

Ed infatti , in caso di separazione dei genitori, i figli saranno affidati come regola ad entrambi i genitori e, soltanto come eccezione, ad uno di essi quando in tal senso spinga l'interesse del minore e l'affidamento condiviso determini una situazione di pregiudizio per il minore stesso.

La nuova normativa, dunque, attuando il ridetto principio della bigenitorialità, interviene a capovolgere il sistema attuale in materia di affidamento in base al quale i figli sono affidati o all'uno o all'altro dei genitori (generalmente la madre) secondo il prudente apprezzamento del presidente del tribunale o del giudice o secondo le intese raggiunte dai coniugi.

Entrando nel merito di questa sofferta vicenda umana e processuale vale la pena ricordare al Magistrato che l’attuale rifiuto manifestato dai figli verso il padre è unicamente (come confermato dalla stessa Assistente Sociale) frutto di una sapiente manipolazione da parte della madre .

Il SIG. MASSIMO infatti, fino al giorno prima dell’allontanamento da casa della moglie, non è mai stato accusato di essere né un cattivo padre né tampoco uomo violento e aggressivo (se tale fosse i figli avrebbero paura di lui e non se la sentirebbero certo di aggredirlo verbalmente, quand’anche non fisicamente, con insulti e recriminazioni!) .

Al proposito, riguardo cioè l’artificiosa predisposizione di questa ignobile e colossale menzogna storica, risulta illuminante verificare che i pur pretestuosi motivi di doglianza della SIG.RA GIOVANNA, formulati sia con la lettera dell’Avv.ssa Neri nel maggio 2004 sia con il telegramma della SIG.RA GIOVANNA stessa successivo all’arbitrario trasferimento suo e dei tre figli in Roma, attengono a profili squisitamente economici , NON ALTRO!!

Viceversa, all’udienza del 19 u.s. dinanzi alla S.V. Ill.ma si è sostenuto – per la prima volta si badi bene – che la SIG.RA GIOVANNA “era stata costretta ad andarsene di casa a causa della violenza del marito”. Ciò che – non ci si stanca di ribadire al fine di smascherare la totale manipolazione della realtà – non era MAI stato detto in precedenza !

Ed infatti, l’opera di scientifica fabbricazione “a tavolino” della figura del “mostro” è iniziata soltanto alcuni mesi dopo l’abbandono del tetto coniugale e la sottrazione dei minori al padre, quando cioè la SIG.RA GIOVANNA potrebbe aver compreso la necessità di precostituirsi delle prove un tantino più sostanziose per giustificare il suo irresponsabile, oltrechè illegittimo, comportamento come madre e come moglie, innanzitutto di fronte ai figli e poi dinanzi a chi l’avrebbe giudicata in sede di separazione.

Tale comportamento, riprovevole sia sotto il profilo morale che sociale, NON PUÒ E NON DEVE ESSERE PREMIATO con l’affido in via esclusiva di tutti e tre figli addirittura, con l’esercizio esclusivo della potestà genitoriale, con l’assegnazione della casa coniugale (non abitata con fittizi e futili pretesti) e financo con un assegno di mantenimento!

Il tutto, con l’aggravante di una speculare umiliazione ed annientamento della figura paterna (non dimenticando, tra l’altro, che il SIG. MASSIMO, per quella casa dalla quale è stato con astuto movimento strategico estromesso, aveva sborsato quasi 355.555,00 euro come evincesi dai conteggi depositati e non contestati ex adverso. Una vera beffa!) .

In tal modo il sistema giudiziario andrebbe di fatto a “colludere” con comportamenti (quelli materni) apertamente illegittimi (sono allegati agli atti varie denuncie del SIG. MASSIMO nei confronti della SIG.RA GIOVANNA sostanzialmente riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 570, 574, 594, 595, 610 e 388/2° comma del codice penale) segnatamente con riferimento a quei valori costituzionali indefettibili pilastri del nostro ordinamento (giuridico, sociale e morale) quali il riconoscimento del valore famiglia e dei diritti dei bambini ad essere rispettati, tutelati e ad avere entrambi i genitori, a loro volta meritevoli di pari dignità e pari diritti (almeno fino ad una prova contraria che, allo stato, sembra paradossalmente proprio a carico della madre).

E’ infatti opportuno rammentare che il SIG. MASSIMO, a settembre, ha dovuto girare per le varie possibili scuole di Roma per sapere dove i figli erano stato iscritti; è stato aggredito e umiliato solo per essersi recato all’uscita di scuola; altrettanto il medesimo si è dovuto adoperare per sapere dove Giovanni frequenta il catechismo per prepararsi alla prima comunione e quando, reperita la parrocchia, ha parlato con il parroco e la catechista questi ultimi, stupefatti, hanno confessato di non sapere NULLA della situazione familiare del piccolo Giovanni!

Ebbene a questa autarchica gestione della genitorialità da parte della SIG.RA GIOVANNA va posto un FERMO.

E, dal momento che, nei confronti della SIG.RA GIOVANNA, a nulla sono valsi i moniti dell’Assistente Sociale, gli inviti fatti dalla sottoscritta al suo difensore , le - forse troppo generiche - disposizioni contenute nel provvedimento presidenziale né tampoco da controparte si mostrano segnali di buon senso o di elasticità, l’unico soggetto in grado di intervenire in modo efficace è l’odierno Giudicante al quale si ribadisce la richiesta preliminare di voler disporre l’affido congiunto (ovvero condiviso) dei minori Giovanni, Enrico, Totò , e l’integrazione dei provvedimenti presidenziali nel senso di cui all’istanza ex art. 708 c.p.c.

A conferma dell’indifferibilità di un immediato intervento di modifica del regime di affido e frequentazione basti illustrare, a mero titolo esemplificativo ma non esaustivo del tipo di considerazione che controparte ha dei diritti dei figli e di quelli del loro padre, alcuni episodi accaduti nei giorni successivi l’udienza del 19/5/05 dei quali possono dare conferma testimoni sicuramente al di sopra delle parti, cioè i Carabinieri e l’ Assistente Sociale di Xxxxx :

· Il giorno 10 gennaio, al termine dell’udienza dinanzi al S.V. Ill.ma, la sig.ra SIG.RA GIOVANNA ha preferito intrattenersi in Tribunale, per effettuare mere operazioni di cancelleria di norma riservate alle segretarie (quali fotocopie ecc.), piuttosto che rientrare a Roma per organizzare l’incontro pomeridiano tra i tre figli ed il padre dinanzi l’Assistente Sociale di Xxxxx la quale, infatti, è stata raggiunta telefonicamente dalla SIG.RA GIOVANNA che intendeva disdire l’incontro riferendo di aver fatto troppo tardi in Tribunale. Si badi bene che l’udienza era terminata alle ore 11,30 !

· Il giorno 13 gennaio soltanto alle ore 16,35 la SIG.RA GIOVANNA si è benignata di chiamare l’Assistente sociale, dinanzi alla quale era già presente il SIG. MASSIMO, per dire che non si sentiva bene e non avrebbe portato i bambini (sic!). La medesima, in tale occasione come nella precedente, si è naturalmente opposta acchè il SIG. MASSIMO andasse a Roma a trovare uno o tutti e tre i figli (se infatti Giovanni non vuole, il padre non insiste mai e si limita ad incontrare Enrico e Totò ) visto che al momento era “sprovvisto” di parenti accompagnatori (come se servissero a qualcosa!) ed ha altresì rifiutato di far recuperare il mancato incontro al padre di sabato o domenica sol perché tali giorni non erano menzionati dal provvedimento presidenziale !!! NON CI SONO PAROLE ! Per incidens ci permettiamo di rimarcare che il SIG. MASSIMO, per stare dietro a tutta questa faccenda, incluso l’oneroso compito di reperimento ed accompagnamento di parenti, andirivieni con Xxxxx, richieste di intervento di Forza Pubblica ecc., sta perdendo molte giornate di lavoro e tra breve si profilerà il fondato rischio di un suo ulteriore depauperamento reddituale, non da ultimo a causa dello stress e del livello di profonda prostrazione in cui tutti questi accadimenti lo hanno ridotto.
· Il giorno 25/2/06 alle ore 19,45 circa (nell’ambito cioè dell’orario concordato con la sig.ra SIG.RA GIOVANNA e l’Assistente Sociale per telefonare ai bambini) il sig. SIG. MASSIMO ha tentato di contattare i figli attraverso il cellulare della moglie ma questo risultava irraggiungibile. Dopo vari tentativi il medesimo si è visto costretto a chiamare le bambini sul numero fisso di casa della suocera ove ha risposto il figlio Giovanni contemporaneamente alla nonna. Quest’ultima ha intimato ai nipoti, prima Giovanni e poi Enrico che , ben contento di parlare con il padre era corso al telefono, di riattaccare il telefono perchè – a suo dire – il SIG. MASSIMO non avrebbe dovuto chiamare su quel telefono. Il piccolo Enrico dopo aver comunicato ala padre che non era in condizioni di parlare (usando in modo complice un loro termine convenzionale) ha dovuto riattaccare. Dopodichè il SIG. MASSIMO ha tentato più volte di chiamare sul cellulare della moglie ma questo risultava perennemente irraggiungibile e pertanto ha richiamato sul fisso cercando di parlare, oltrechè con i figli, con la moglie la quale risultava tuttavia fuori casa. La sig.ra Suocera ha nuovamente intimato ai nipoti di riattaccare perché non voleva che lui telefonasse a quel numero e la comunicazione veniva bruscamente interrotta. Il SIG. MASSIMO si è visto pertanto costretto a chiedere l’intervento dei Carabinieri i quali, non riuscendo neanche loro a mettersi in contatto né con la SIG.RA GIOVANNA né con la Suocera (nell’un caso perché irraggiungibile e nell’altro perché la cornetta era stata evidentemente staccata), si sono recati sul posto e solo grazie alla rassicurante presenza del brigadiere il piccolo Enrico è riuscito a parlare con il padre al telefono , finalmente con tranquillità e serenità ribadendo le testuali parole :” Babbo voglio stare con Te. Non mi piace stare qui”. Questi i fatti : IL SIG. MASSIMO HA DOVUTO PER L’ENNESIMA VOLTA RICORRERE AI CARABINIERI PER VEDERE RICONOSCIUTI ANCHE QUEI MINIMI DIRITTI CHE LO STESSO TRIBUNALE GLI HA ACCORDATO !!!! Siamo all’abnormità !

In una parola: la sig.ra SIG.RA GIOVANNA ritiene di essere al di sopra di tutto e di tutti e adatta sempre le cose a proprio uso e consumo !

Vogliamo ricordare alla S.V. Ill.ma che ad OGGI non v’è prova alcuna della veridicità degli assunti della SIG.RA GIOVANNA mentre ci sono le informazioni fornite da un terzo imparziale, quale l’Assistente Sociale incaricato dal Tribunale che – guarda il caso – ha confermato, invece, le prospettazioni fornite dal SIG. MASSIMO . Che poi i metodi educativi ed il concetto di “protezione” dei figli sostenuto dalla SIG.RA GIOVANNA siano di per sé assai opinabili e scarsamente condivisibili (cioè contro ogni senso comune) lo testimonia il fatto stesso che la medesima ha ritenuto di dover proteggere i figli nascondendo loro l’esistenza di una sorella, figlia di primo letto, cioè, del SIG. MASSIMO .

Quest’ultimo, infatti, quando conobbe la SIG.RA GIOVANNA, era sposato con la sig.ra Yyyy Susanna dalla quale aveva avuto una figlia, Alessia, oggi quattordicenne, con la quale coltiva un costante ed affettuoso rapporto, in un clima di serena condivisione genitoriale con la ridetta sig.ra Yyyy, purtroppo offuscato dal fatto che questa piccola, non appena è nato il fratellino Enrico, è stata estromessa dalla vita del nuovo nucleo per volere esclusivo della SIG.RA GIOVANNA che in tal modo intendeva “proteggere” il figlio. Dunque se la SIG.RA GIOVANNA riteneva che una bambina di 5 anni potesse costituire un pericolo ed un elemento di squilibrio per la crescita del figlio, è quanto meno singolare e, dunque, scarsamente credibile, la sua idea di “pericolo” e “protezione”. ……E siamo nel terzo millennio, cioè in epoca di famiglie ricostituite, allargate ecc. !

I devastanti effetti del comportamento della SIG.RA GIOVANNA nei confronti del SIG. MASSIMO, comportamento definito, in letteratura psicologica ma oramai anche giuridica, come “mobizzante”, hanno dato luogo, dal punto di vista dei figli, ad un fenomeno individuabile come Sindrome di Alienazione Genitoriale (con partecipazione delle minori stesse alla campagna denigratoria contro il padre ed il rifiuto, fino a pochi mesi fa, di qualsivoglia rapporto con questi) e dall’altro ad una totale esautorazione del SIG. MASSIMO da ogni aspetto della vita dei figli (vedasi anche le interessanti trattazioni, tra l’altro, sul tema della Sindrome da Padre Interdetto, speculare a quello della Madre Malevole, consultabili su www.aipgitalia.org/Lisa-Colliva.pdf e www.aipgitalia.org/Roberta-Patrocchi.PDF) .

Con riferimento ai due documenti della Dr.ssa Colliva e della Dr.ssa Patrocchi (dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica) , si rinvengono purtroppo in pieno nei tre minori, Giovanni Toto’ ed Enrico, tutti gli 8 sintomi primari della PAS, in particolare in Giovanni, che, a quanto descrive la Dr.ssa Colliva, si potrebbe definire di ‘grado grave’, laddove la SIG.RA GIOVANNA attua totalmente i comportamenti ‘tipici’ dei genitori alienanti (Rif. pag. 12).

Nel documento della Dr.ssa Patrocchi (Rif. pag. 29) è altresì spiegata (sebbene la SIG.RA GIOVANNA cerchi di applicare le stesse ‘tecniche di programmazione’ su tutti i figli) la ragione del diverso comportamento tra Giovanni ed Enrico: infatti <<il processo che si snoda dall’attaccamento alla sindrome di alienazione genitoriale avviene lungo un continuum, che può scattare quando i bambini hanno 8-9 anni (età di Giovanni). I bambini più piccoli infatti non hanno ancora acquisito capacità cognitive sufficienti per essere buoni alleati e meno affidabili (Toto ha infatti solo 6 anni), sebbene al livello empatico (non è questo il caso di Toto) possano dimostrarsi più vicini al genitore che si occupa di loro. La sindrome, infatti, tipica dei figli adolescenti>>.

In riferimento allo stesso documento, possiamo dire di ritrovare in Giovanni delle caratteristiche distintive riportate a pag. 30 in ‘figli alienati da un genitore’ à <<si tratta di figli che hanno scelto uno schieramento di parte durante il divorzio e che rigidamente si rifiutano di avere una qualsiasi relazione con l’altro genitore……quasi sempre hanno subito un ‘lavaggio del cervello’……la maggior parte dei figli alienati, comunque, ha avuto una normale relazione con il genitore alienato prima della separazione ed in seguito ha completamente assorbito e fatto proprio il punto di vista del ‘genitore preferito’ nei confronti del genitore alienato. Questi sono solitamente bambini che hanno un’età compresa tra i 9 ed i 15 anni, al momento della separazione……sovente utilizzando le stesse parole utilizzate dal ‘genitore preferito’ per descrivere le trasgressioni ed i difetti del genitore alienato. Il loro linguaggio è quasi sempre pomposo e la scelta dei termini molto ricercata, quasi da adulti.>>

Quanto al MOBBING GENITORIALE riportiamo una sintesi della relativa teoria, esposta nell’articolo della dr.ssa Patrocchi :

I comportamenti mobbizzanti la relazione genitore – figlio, sono infatti costituiti da:

· Ostacoli alle frequentazioni genitore – figlio

· Campagna di delegittimazione genitoriale (lesione della credibilità del genitore agli occhi del figlio stesso)

I comportamenti mobbizzanti l’esprimersi sociale e legale della genitorialità prevedono invece:

· Ostacolo nelle informazione ed alla partecipazione ai processi decisionali relativi ai figli

· Campagna di aggressione e distruzione sociale e legale

Riteniamo di poter affermare con assoluta certezza (purtroppo allarmante) che nelle fattispecie sopra descritte si ritrova tutta questa storia familiare. Proprio tutta !

Da ultimo vale la pena evidenziare che, da anni ormai, anche la giurisprudenza penale della Suprema Corte ha dimostrato grande attenzione e sensibilità verso il problema del comportamento del genitore affidatario rispetto al suo dovere di collaborazione per attuare il diritto di visita dei figli (quindi la relazione parentale) con il genitore non convivente.

E valga il vero :

Sentenza Sezione VI Penale n. 2925 del 9 marzo 2000: "Il mancato adempimento degli obblighi concernenti l'affidamento di figli minori, configura il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice - Art 388/2°c.p."
Commette reato il genitore affidatario dei figli minori se non li educa e non li sensibilizza ad avere un rapporto con l'altro genitore dal quale vivono separati, in quanto anche tale comportamento "omissivo" può costituire l' "elusione" dolosa di un provvedimento del giudice. La VI Sezione Penale della Corte di Cassazione fornisce una interpretazione estensiva dell'art. 388 del codice penale, che disciplina il reato di "mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice" ricomprendendovi anche il comportamento del genitore separato che, non attivandosi per far sì che i figli minori vedano l'altro coniuge secondo quanto stabilito dal giudice, si riflette negativamente sulla psicologia dei minori stessi.
…. La Suprema Corte ritiene giusta la condanna, in quanto, considerato il "ruolo centrale" che assume il genitore affidatario nel favorire gli incontri dei figli minori con l'ex coniuge, l'atteggiamento omissivo del genitore che non educa e sensibilizza i figli a vedere l'altro genitore finisce con l'eludere il provvedimento con il quale il giudice aveva imposto il diritto di visita; tale comportamento finisce inoltre con il riflettersi negativamente sulla psicologia dei minori, indotti essi stessi a "contrastare gli incontri con il genitore non affidatario", proprio perché non "sensibilizzati" ed "educati" al rapporto con l'altro genitore.


Alla luce di quanto sopra e della nuova normativa frattanto sopraggiunta lo scrivente difensore non può pertanto che ribadire la prioritaria istanza di AFFIDO CONDIVISO dei piccoli Giovanni, Enrico, Totò, con le modalità ampiamente illustrate nella istanza ex art. 708 c.p.c. da intendersi qui integralmente riportata .

Roma, 30/03/06

Avv. Marina Petrolo




Ringraziamo l'avvocatessa Marina Petrolo di Roma per averci permesso di pubblicare questa sua comparsa e, ovviamente, facciamo il nostro più grande "in bocca al lupo" al papà che lei rappresenta e con estrema competenza e professionalità TUTELA

UN PAPA' SEPARATO VOTATO ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI

Secondo indiscrezioni che sono state confermate dall'interessato, e che hanno trovato alcuni oggettivi riscontri, un padre separato è stato votato quale Presidente della Repubblica.

Il fatto è avvenuto nella terza votazione, quella di martedì 9 maggio alle 20.00 circa: quattro i voti dati a questo emblematico candidato sono.
A ben guardare, uno di più del passato Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che di voti ne ha presi tre.

A votare lo sfortunato papà, duramente colpito dalla conflittualità genitoriale (come da un utilizzo della Giustizia strumentale e calunnioso) un gruppetto di di deputati, amici e suoi sostenitori.

04 maggio 2006

IL MOBBING GENITORIALE DALL'ETOLOGIA ALL'ETICA


CONGRESSO
AILAS 2006

Simposio Speciale: “ADATTAMENTO E PSICOPATOLOGIA FAMILIARE NELLA SEPARAZIONE GENITORIALE”

14.00 - 14.15 • INTRODUZIONE

Adolfo Petiziol


14.15 - 14.30 • IMMAGINI GENITORIALI E GENITORI REALI:

RISCHI PSICOPATOLOGICI E SOCIALI DEI FIGLI NELLE

SEPARAZIONI CONFLITTUALI

Francesco Montecchi


14.30 - 14.45 • L’ASCOLTO DEL MINORE

Marisa Malagoli Togliatti


14.45 - 15.00 • L’ EMOTIVITA’ ESPRESSA NELLA SEPARAZIONE CONFLITTUALE:

UNO STRUMENTO DI VALUTAZIONE

PER LA TUTELA DEL MINORE

Massimo Clerici


15.00 - 15.15 • LA TUTELA DEL MINORE NELLA SEPARAZIONE CONIUGALE

Lisa Di Gennaro


15.15 - 15.30 • LA CRISI CONIUGALE: STRUMENTI DI GESTIONE

Maria Pia Sabatini


15.30 - 15.45 • LA COLLOCAZIONE DEL MINORE NELLE SEPARAZIONI TRA

GENITORI CONFLITTUALI O MULTIPROBLEMATICI.

L’AFFIDAMENTO A TERZI SECONDO LA LEGGE 54/2006

(C.D. LEGGE SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO)

Paola Cattorini


15.45 - 16.00 • IL DISAGIO DEI PERIZIANDI NELLA CONSULENZA TECNICA

D’UFFICIO E DI PARTE

Carlo Lorenzo Cazzullo, Luciano Magotti


16.00 - 16.15 • IL MOBBING GENITORIALE DALL’ ETOLOGIA ALL’ ETICA

Gaetano Giordano


16.15 - 16.30 • ABUSO PSICOLOGICO NELLA SEPARAZIONE GENITORIALE:

PROFILI GIURIDICI E CRIMINOLOGICI

Paolo Di Martino


16.30 - 16.45 • LA MEDIAZIONE SUL CONFLITTO GENITORIALE

TRA OBBLIGO E SCELTA CONSAPEVOLE

Vito Tùmmino


16.45 - 17.00 • LA SINDROME DI COGNE

Cesare Peccarisi


17.00 - 17.15 • SEPARAZIONE, LIBERTA’ E BIGENITORIALITA’

Mario Andrea Salluzzo


IL MOBBING GENITORIALE DALL’ETOLOGIA ALL’ETICA

Dr. Gaetano Giordano

Direttore del Centro Studi Separazioni e Affido Minori

Il termine "mobbing" è stato utilizzato per la prima volta in etologia da Lorenz, per descrivere gli attacchi di piccoli gruppi animali contro uno più grande. Nel 1984 Heinz Leymann e Gustavsson, lo usarono per descrivere le ripercussioni sul lavoratore di un comportamento ostile e prolungato da parte di superiori e i colleghi.

Una ricerca bibliografica compiuta sulla letteratura etologica, permette però di affermare che il “mobbing” animale è un comportamento rivolto esclusivamente alla tutela della prole o dei nascituri, e che si verifica esclusivamente in presenza di uova fecondate o di prole. Sembra dunque acclarato che in etologia, come sostiene l’etologo Allock, “i genitori che manifestano attività di mobbing proteggono con essa i propri piccoli e le proprie uova, e che in questo risiede il valore adattivo di tale comportamento attivo”, cioè una sorta di situazione ottimale che favorisce negli individui la trasmissione dei propri geni.

Quando abbiamo cominciato ad applicare il concetto di “mobbing” alla conflittualità genitoriale, lo abbiamo fatto soprattutto perché colpiti da tre aspetti dei contesti conflittuali: il primo è stato quella sorta di almeno apparente “organizzatività” che si riconosce in tutta una serie di comportamenti dei genitori in conflitto, i quali sembrano (spesso entrambi allo stesso modo) pianificare strategicamente e accuratamente le proprie mosse e i propri comportamenti per escludere l’altro dalla vita genitoriale. Il secondo è la differenza di percezione che i partner dei conflitti genitoriali sembrano avere di loro stessi e dei propri comportamenti. Il partner usualmente definibile come “mobbizzante”, cioè il cattivo, sembra considerarsi sempre – dando ora una ora l’altra spiegazione - pienamente nel giusto a operare, nel tentativo di estromettere l’altro dal proprio ruolo genitoriale, e anche se con modalità anche estremamente lesive. Il genitore definibile come “mobbizzato” appare invece sempre – e come tale si percepisce – quale vittima di ingiustizia. E’ di solito vittima davvero di gravi ingiustizie, ma raramente riesce a dimostrarlo, perché a chi assiste al conflitto, appare spesso, anche se non sempre, inevitabile leggere in entrambi i partner una strategia mobbizzante, nella quale è difficile comprendere quale comportamento causa l’altro, e chi dei due sia un “mobber” e chi, soprattutto, no.

Il terzo dato, è che il sistema che dovrebbe operare per riportare un equilibrio nella coppia, vale a dire il sistema sociogiudiziario, sembra di fatto colludere ampiamente con la conflittualità della coppia. Dato questo che si accompagna, nella nostra lettura, a due fenomeni a nostro avviso ben rappresentativi.

Il primo, riguarda la pressoché totale assenza nella letteratura scientifica di ogni ipotesi relativa all’influenza che può avere sulla conflittualità della coppia il sistema che dovrebbe gestirla, un sistema nel quale la conflittualità è premiata e premiante, e che opera tutelando non la coppia genitoriale, come ad un altro livello si afferma essere indispensabile, ma i diritti individuali, che vanno riaffermati attraverso vittorie giudiziarie.

Il secondo dato – del tutto speculare al precedente - riguarda la pressoché totale assenza di interesse del sistema giudiziario a veder rispettati i propri pronunciamenti. E’ esperienza comune constatare come le statuizioni giudiziarie vengano non ottemperate nella grande maggioranza dei casi, che le infinite querele vengano totalmente disattese anche se comprovano comportamenti criminosi, che le false accuse di abusi e maltrattamenti vari riescono invece sempre o quasi a troncare calunniosamente il legame genitoriale, in assenza di qualsiasi stigmatizzazione giudiziaria, anche quando se ne ravvisi la dolosità.

In sostanza, la conflittualità genitoriale nelle separazioni sembra essere ad un livello un male cui porre rimedio, ma all’altro una strategia che tutti, alla fine ritengono comunque obbligata e premiante nella tutela della prole, quasi un male necessario, che difende realmente il minore.

Un altro dato sembrava poi confortare questo assunto: mentre per quanto riguarda il mobbing lavorativo si assiste a un fiorire di studi e tutele per i danni che provoca (quattordici sono i progetti di legge presentati a tutela dei mobbizzati), per quanto riguarda le separazioni coniugali vi è il dato opposto: la conflittualità organizzata e finalizzata all’estromissione dal ruolo genitoriale, non è di fatto considerata un problema da nessuno, ma solo – all’atto pratico - una piaga di cui parlare nei convegni come questo, o nei centri Universitari di Mediazione, prima di partecipare alla prossima causa di separazione. Se poi si pensa che oltre mille sono i morti dovuti negli ultimi dieci anni alla conflittualità genitoriale, e che nessun rimedio sociale viene invocato al proposito, mentre per altri eventi di rilievo sociale con vittime innocenti, si sono avuti sia pronte etichettature massmediatiche (per citare: stragi del sabato sera, violenza negli stadi, il nonnismo, l’emergenza pittbul, la stessa violenza domestica, l’infibulazione rituale, eccetera) e il ricorso a quasi immediati rimedi legislativi, pur in presenza di un numero di vittime spesso di gran lunga inferiore a quello da mobbing genitoriale, allora si deve dedurre necessariamente che questo macrosistema culturale accetta come valore nascosto che per il possesso del proprio figlio ci si possa scannare da animali, appunto.

Quando abbiamo cominciato a considerare questo punto di vista, e cioè che la conflittualità potesse esprimere davvero un valore nascosto, ci siamo resi conto che proprio inquadrando la conflittualità genitoriale in un unico concetto operativo, quello di “mobbing genitoriale” appunto, si appalesava una visione per così dire antropologica del problema che spiegava appunto perché tutti, alla fine, accettiamo e legittimiamo come obbligata e forse necessaria in una coppia la conflittualità genitoriale.

Per quanto riguarda il mobbing genitoriale, abbiamo quindi stila – sulla falsariga di Leymann per il mobbing lavorativo - una “Inventory” dei comportamenti che usualmente si sviluppano in questi casi: il Parental Mobbing Inventory, o PMI, che classifica in due macrocategorie i comportamenti di usuale riscontro nelle contese genitoriali.

A loro volta le due macrocategorie sono suddivise entrambi in due sottocategorie.

Mettendo infatti insieme tutto il campionario della conflittualità genitoriale, viene fuori che essenzialmente due sono gli obiettivi dei genitori mobber: la distruzione della relazione dell’altro genitore con il proprio figlio, e la distruzione della possibilità di esprimerla socialmente.

Quando ad essere colpita è la relazione in quanto tale, ciò avviene attraverso due modalità operative che sono la Creazione di ostacoli alle frequentazioni genitore-figlio, e la Creazione di una campagna di delegittimazione genitoriale nei confronti del minore coinvolto.

Quando invece la mobbizzazione riguarda l’esprimersi sociale e legale della genitorialità, abbiamo altre due modalità: la Creazione di ostacoli alle informazioni e alla partecipazione ai processi decisionali relativi ai figli; la Creazione di una campagna di aggressione e delegittimazione sociale e legale. Ovviamente, in queste quattro sottocategorie sono rappresentati una infinità di possibili comportamenti, che al momento indaghiamo e strutturiamo con una Griglia Interpretativa dei Comportamenti Genitoriali Mobbizzanti, da noi stilata (e di prossima pubblicazione).

Quando abbiamo sistematizzato in questa Inventory i comportamenti di mobbizzazione genitoriale, ci siamo accorti che il vero punto dolente della conflittualità genitoriale è che nel corso del conflitto giudiziario si genera sempre più forte nei partner la percezione che l’altro genitore è un estraneo anche per il proprio figlio, e questo fa emergere istinti innati di difesa della prole.

Che la rottura della coppia genitoriale sia alla base della psicopatologia della separazione, è risaputo da tempo: ma a noi è sembrato più importante chiederci se questa estraneizzazione dell’altro genitore sia solo frutto della conflittualità genitoriale, e come mai diventi una molla tanto potente da riempire Tribunali e studi legali, e spingere gente in fondo normale a cattiverie e reati prima impensabili.

Ci siamo però posti in una prospettiva per così dire antropologica, considerando cioè quali fossero i valori culturali che si esprimevano nei contesti di conflittualità genitoriale.

La risposta che ci siamo dati e dunque crediamo di aver trovato è veramente paradossale, perché – da questa angolazione - tutto ci porta a ritenere che la conflittualità genitoriale in corso di separazione coniugale è una risposta obbligata, di tutela della prole, generata da un microsistema autopietico, la coppia in conflitto, posto di fronte all’irruzione di un macrosistema, quello sociogiudiziario, che interviene sì su una richiesta già conflittuale, ma imponendo nuove regole, poste su codici e canoni assolutamente diverse e del tutto distruttive della autopoieticità della coppia.

Quel che accade, in altri termini, è che il macrosistema sociogiudiziario cui la coppia si rivolge per gestire il proprio conflitto non è in grado di restituire alla coppia la propria autopoieticità, perché fondato su codici e canoni culturali opposti, e si comporta poi esattamente come una cultura di invasione, fondata di fatto su regole di predominio a somma zero, nel quale i vantaggi per i singoli partner sono illusori (come gli specchietti regalati ai selvaggi) e i veri guadagni sono del sistema (che inizia non a caso ad appropriarsi delle risorse economiche della famiglia).

La conflittualità della coppia viene così ricondotta verso logiche di separazione e sopraffazione e non di condivisione e solidarietà, perché il codice culturale del macrosistema è un codice che privilegia solo i diritti del singolo, e mai quelli delle relazioni.

Accade cioè quel che accade in qualsiasi sperduto villaggio del Sud del mondo a economia locale, quando entrano i conquistadores portando denaro e specchietti luccicanti, e l’economia locale diventa, da economia di solidarietà e convivenza, economia di consumo e vantaggio personale, con immediata comparsa di fenomeni di disagio sociale.

Un’altra metafora, forse più pregnante e attuale, può essere quella di quelle tragedie emerse nei paesi dell’Est, in specie nelle ex repubbliche sovietiche, improvvisamente passati da una gestione statalista e centralizzata, che comunque – piaccia o non piaccia - garantiva ammortizzatori contro il tracollo del singolo, a una di assoluto capitalismo selvaggio, nel quale ogni pur minimo vantaggio di condivisione dei beni e delle sicurezze sociali prima esistente ha lasciato posto ad una assoluta mancanza di garanzie e tutele collettive.

Chi si è potuto arricchire è diventato, in quelle zone, un mafioso mammasantissima, e chi non aveva mezzi è diventato, come chiunque si rechi in quei paesi può constatare – un povero esposto ad una totale deregulation dell’etica e delle leggi. La stessa situazione si genera in una coppia allorché in uno dei genitori, spesso la mamma, santissima ovviamente, e altrettanto spesso con la complicità del sistema sociogiudiziario, compare la certezza, tipica anche di non pochi padri, di poter operare in assenza di legalità, e dopo che il senso di solidarietà e condivisione è andato distrutto.

Sarebbe però un errore indicare nella coppia in conflitto un “buono” e un “cattivo”, i quali sicuramente esistono, ma sempre con quelle alternanze, parallelismi e collusioni che dimostrano come le cause delle conflittualità non sono solo interne alla coppia: la conflittualità, va secondo noi ripensata come segno paradossale di una ricerca di stabilità da parte di un microsistema che sta per soccombere all’irruzione di una dimensione destruente, che è la cultura del macrosistema giudiziario, orientata alla difesa a oltranza del singolo, e dei suoi diritti e vantaggi.

Quello che occorre, a nostro avviso, è dunque un pensiero che vada oltre lo psicologismo e il tecnicismo giuridico, e anche contro il tecnicismo delle mediazioni offerte come panacee per assolvere le proprie coscienze, e a volte risolvere le proprie disoccupazioni, di operatori del conflitto, ma che inquadri invece la conflittualità genitoriale come un problema per così dire antropologico, cioè di scontro fra due opposte epistemologie delle relazioni , nel quale il mobbing genitoriale esprime il regresso della coppia verso comportamenti innati o etologicamente pregressi di tutela della prole a fronte di questa improvvisa e distruttiva deregulation.

Quello che deve dunque essere riscoperto anche collettivamente, è una cultura della relazione, che individui anche giudiziariamente nei legami affettivi, nelle relazioni umane, nel bisogno di condivisione e di solidarietà, il vero oggetto di tutela.

Nella nostra ansia, tutta occidentale e primomondista, di garantire all’Io, e dunque ai singoli, stabilità, prerogative, diritti, abbiamo infatti assolutamente dimenticato che ognuno di noi nasce come tale, e comprende di esser tale, solo perché immerso in una rete di relazioni affettive e cognitive che danno senso alla differenza fra un Io e un Tu.

Il messaggio che pertanto emerge dalla conflittualità genitoriale è un messaggio che riporti l’intervento professionale degli operatori del conflitto da una cura degli interessi dei singoli ad una etica personale di tutela delle relazioni.

In assenza di tale passaggio, diventa molto arduo proporsi come credibili scienziati del benessere dei minori.

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Un particolare ringraziamento alla dr.ssa Roberta Patrocchi, che si è assunta l’ingrato e importantissimo compito di verificare tutta la letteratura etologica, e al dr. Giuseppe Dimitri che sta sviluppando con rara e spesso frustrata (da me) pervicacia la Griglia Interpretativa dei Comportamenti Genitoriali Mobbizzanti