14 dicembre 2014

FATE CHE LA MAMMA POSSA INCONTRARE LORIS. ANCORA UNA VOLTA
UNA PRIMA VOLTA



Si: vorrei che Veronica andasse al funerale del figlio che forse ha ucciso.
Credo che sarebbe un gesto di amore e serenità per tutti: primo fra tutti per Loris.

Perché, d'altra parte, negarglielo, a questa donna?
Per farla soffrire di più?
Perché il nostro compito è farla soffrire di più?
Perché crediamo che "giustizia" significhi impedire ad una madre assassina di piangere sulla bara del figlio?

E' vero: forse è lei che lo ha ammazzato, in modo atroce ed inconcepibile.
E può sembrare assurdo “premiarla” con il permesso di uscire dal carcere e accompagnare la bara del piccolo Lorys fino all'estremo saluto da noi che ci diciamo “vivi”.

Ma siamo sicuri che accompagnare la bara del proprio figlio sia davvero un premio, per una madre che forse ha commesso un delitto così orrendo -un figlicidio?

Forse sarebbe uno strazio ancora peggiore del restare sola in cella.
Forse, una donna in quelle condizioni troverebbe lì la forza di arrendersi ad una propria verità: quella a cui -secondo noi che la riteniamo con ogni probabilità colpevole- sembra voler sfuggire.

Forse troverebbe lì la forza di ammettere -in quel momento, e almeno con sé stessa- quello che non riesce ad ammettere. Nemmeno con sé stessa, a quanto ritengo personalmente.

Forse, potrebbe iniziare da lì un percorso di sofferenza e consapevolezza, di pentimento e amore: un riavvicinamento con Loris, che in qualche parte del nostro “esistere” forse aspetta che la mamma torni a lui come mamma.

Forse, poi, troverebbe una sofferenza ancora maggiore, stando lì. Guardando la bara scendere per sempre nella Madre Terra, una madre più pietosa e tenera di lei come di tutti noi, potrebbe comprendere pienamente l'orrore di quello che crediamo abbia commesso, e una volta per tutte trovare la forza ed il coraggio di confrontarcisi. Ed ammetterlo.

No. credo proprio che non abbia un gran senso -se non in un attacco di vendetta ed invidia da parte di chi si sente sempre dalla parte giusta- vietare alla madre di Loris di andare al funerale del figlio.

Cosa ci può togliere, a noi che ci crediamo giusti e innocenti, la sua presenza a quella cerimonia?
Cosa può togliere ancora al figlio?
E se lei ne ricavasse un briciolo di serenità e pace in più, sarebbe un male? E per chi?

Veronica potrebbe trovare lì la forza di arrendersi e confessare, o scovare -in qualche zolla della terra che coprirà il figlio- il seme di un cambiamento, di una propria verità, di un potersi confrontarsi con sé stessa.

E se così non fosse, se continuasse quella che sembra una recita prima di tutto con sé stessa, il male che ha fatto non andrebbe certo oltre, ma tornerebbe comunque in lei. Non certo a noi, che le abbiamo dato ancora una possibilità.

Senza trascurare l'altra, forse remota, ipotesi: e se fosse innocente? E se qualcuno l'avesse coinvolta in un insieme di circostanze dalle quali non è più riuscita ad uscire?

L'attitudine tutta umana di cercare vendetta chiamandola giustizia dovrebbe sempre, in questi casi, arrendersi ad una pausa di riflessione venata di compassione, e chiedersi cosa si vuole davvero. E perché: quale lato della nostra Ombra condanniamo cioè con tanta determinazione.

E se poi il piccolo Loris esiste ancora sotto forma di una qualche consapevolezza che a noi che ci sentiamo “vivi” sfugge, e in qualche dimensione del nostro infinito esistere, esiste anche “lui”, forse troverebbe un attimo di pace in più, nel vedere sua madre cercarlo e volersi ricongiungere in lui.

Perché pensiamo che il nostro compito di esseri umani è perseguire ancora una separazione, una divisione, una tragedia? Perché se l'orrore di questa madre è stato separarsi in modo così atroce dal figlio, noi vogliamo assumerci ancora il compito di proseguire in questa separazione?

Se Loris è, o ha, ancora una forma di coscienza più o meno vicina ai fatti “umani”, se ha ancora la possibilità di avere una relazione col nostro mondo e con quella che fu sua madre, credo che il vederla lì, a cercarlo, piena di quello strazio che comunque la pervade, non possa che far del bene a lui, che ormai è -comunque- una parte di tutti noi e della nostra coscienza di noi.

Come credo che non possa che portargli ancora più infinito dolore -in quell'infinito in cui forse esiste come coscienza- sentire che anche noi impediamo a sua madre, che già lo ha distrutto, di riavvicinarsi -come può, come è capace- a lui.
Credo che bisognerebbe consentire a Veronica di andare al funerale del figlio.

Credo che farebbe bene a noi tutti, avere questo coraggio.
Farebbe bene a lei -e non vedo perché il nostro compito è farla soffrire ancora di più, condannata com'è al proprio strazio- farebbe bene a noi, perché troveremmo la pace del dare una chance in più alla pace, e farebbe bene a Lorys, che ritroverebbe sua mamma così come doveva essere: vicina a lui nel momento dell'addio.

Perché il nostro compito non è dividerli ancora, desiderare e portare ancora più sofferenza e dolore dove già c'è sin troppa sofferenza e dolore. Nostro compito è far si che in qualche modo si ritrovino.

Ancora una riflessione sulla colpa terribile di questa donna, Veronica.

Stiamo parlando di una ragazza di venticinque anni che sin da quando era piccola -dice sua madre- “era violenta e aggressiva”.
Bene: qualcuno ha provato a pensare cosa significa crescere con una madre che ti dice che sei “violenta e aggressiva” fin da quando sei piccola?

Qualcuno crede che non ci sia nessuna responsabilità psicologica, in una madre del genere, in una madre che dice: «Violenta già quando aveva sette anni. Adesso basta, la famiglia Panarello non vuole dare nessuna mano a questa signora. È stato gettato troppo fango su di noi»?

Solo ad immaginarsela, una madre del genere, viene paura: se la piccola Veronica era “violenta” sin da quando aveva sette anni, sua madre ha -da un punto di vista psicologico- una grande responsabilità per come questa bambina (violenta? Ma come fa una bambina di sette anni ad essere violenta, e a restare violenta per tutta la vita, se qualcuno non la cresce in questa certezza?), per come questa bambina, dicevamo, è venuta su.

E, a sancire un rinnegarla che non è certo cominciato con questa intervista, la madre di Veronica chiama la figlia “signora”. Come se non fosse sua figlia.

Parliamo dunque di una bambina che “Veronica che si è sempre sentita rifiutata dalla madre, Carmela, che le ha detto di non averla mai voluta, di essere il frutto di una gravidanza indesiderata nata da un rapporto con un uomo che non è il padre che poi l'ha riconosciuta. Veronica che per l'ennesima relazione clandestina della madre (cinque figli da tre uomini diversi) ha tentato di uccidersi a 14 anni stringendosi al collo un laccio e provando ad impiccarsi.” (come da articolo su Repubblica.it).

Una vita che è stata un inferno, dunque.
E il cui inferno peggiore, adesso, è di aver creato altri inferni.

Perché qualcuno può cercare di capire cosa significa vivere la propria infanzia in un mondo affettivo del genere? Con -ce lo si passi- una madre che ti etichetta come "violenta" sin da quando hai sette anni?

Meglio non aggiungere altro: se non l'invito ad approfondire il ruolo che la madre di una bambina ha nel determinare l'incapacità a non essere “violenta”.
Chi lo sa che non si scopra che è troppo facile trovare il colpevole dove noi vediamo “un” colpevole.

Sono convinto che Loris, e quello che della sua consapevolezza di sé forse vive in qualche parte di quello che è il nostro vero “universo”, troverebbe serenità e pace dal vedere la mamma al suo funerale.

Come se fosse l'inizio di un loro nuovo esistere insieme. E di una nuova, infinita, pace.
Quella che quaggiù non ha avuto.

Ciao, Loris, ti portiamo tutti con noi.