La storia è molto scarna, e altrettanto emblematica e,
soprattutto, crudele.
Si svolge in una grande città del Nord, ben popolosa.
Protagonista è un quindicenne di nome “Luca”, vittima di un terrificante conflitto genitoriale.
Ad un certo punto del contenzioso giudiziario, proprio mentre sta cominciando quel TERRIBILE MECCANISMO DI ESASPERAZIONE DEL CONFLITTO che è “la CTU”, decide di cambiare genitore presso cui vivere.
Chiameremo “GENITORE NORD” quello presso cui vorrebbe andare a vivere, e “GENITORE SUD” quello da cui andarsene.
Ci sono problemi logistici di un certo livello, e il giudice consiglia l’avvio di una psicoterapia. O comunque di un percorso a sfondo psicoterapico.
Il ragazzo, Luca, arriva presso uno studio di una collega, la dottoressa R.I., che lo visita insieme ad un collega.
La dottoressa R.I. è un ottimo medico, psicoterapeuta.
Il collega uno psicologo.
Entrambi concordano su un punto: Luca è terribilmente coinvolto nel conflitto, ne soffre veramente tanto, e si gioverebbe molto di un sostegno psicoterapico.
Luca, dopo una iniziale titubanza, decide di proseguire il percorso psicoterapico con la coppia. È contentissimo.
Viene fissata la terza seduta. Luca è contentissimo.
La terza seduta non avrà mai luogo.
La CTU, una professionista molto nota e molto gettonata (che qui chiameremo “dottoressa Marianna”), ha deciso che Luca non può cominciare alcuna terapia o consulenza -nonostante sia evidente quanto stia male e nonostante lui stesso voglia proseguire.
La collega medico e il collega psicologo vengono avvertiti solo pochi minuti prima dell'appuntamento fissato, che Luca non arriverà. Il “GENITORE SUD” -quello da cui Luca vuol fuggire perché lo picchia- invia un messaggio WhatsApp annunciando che Luca non viene.
Il motivo dichiarato è che la seduta di CTU sta durando troppo. “GENITORE SUD” non risponderà mai al telefono e non spiegherà altro.
Qualche giorno dopo la dottoressa contatta “GENITORE NORD” che, bontà sua, risponde. E spiega cosa è successo davvero.
La CTU, la dottoressa Marianna, ha deciso che prima si deve celebrare la CTU, poi Luca potrà curarsi. Questo nonostante lui stia male, molto male, e voglia incontrare di nuovo la dottoressa (medico) e lo psicologo.
Ve l’immaginate voi uno che va da un medico, gli viene posta la diagnosi di -poniamo- ulcera gastrica, ma non può iniziare a curarsi perché deve fare prima la CTU?
Qualcuno dirà: “ma Luca non sa nemmeno cosa gli accadrà, con chi vivrà, che futuro avrà! Meglio che prima si stabilizzi la sua vita, sa con chi andare a vivere, e poi lo curiamo”.
Il che è la prova che la priorità non è nel garantire al minore un percorso che assorba i suoi traumi, che ne curi la psicologia traumatizzata dal procedimento giudiziario, che gli garantisca un ascolto liberatorio e supportivo, ma è nel celebrare il rito di attribuzione del minore.
Dopo il quale si potrà curare le ferite nel frattempo procurate al povero Luca.
Questo sistema giudiziario non ha alcun interesse a tutelare i minori.
E questo caso (che rappresenta di fatto la norma) lo dimostra.
È un sistema che ha interesse SOLO A STRUMENTALIZZARE LA SOFFERENZA E LA MALATTIA CHE CREA (Luca soffre per il conflitto genitoriale, ma NON VA CURATO) per poter così celebrare i propri riti negando poi ogni importanza alle patologie che dice di voler sanare.
E che FA DELLA PATOLOGIA E DELLA SOFFERENZA DEI MINORI UN’ARMA DEL CONFLITTO ANCORA PIÙ POTENTE DELLE ALTRE.
Tanto è vero che evita accuratamente di curarla se turba il rito della CTU.
E intende la terapia del minore travolto dal conflitto genitoriale (e dunque portatore di lesioni da EVENTO STRESSANTE CRONICO) come un MOMENTO DI NORMALIZZAZIONE volto a fargli accettare le scelte della CTU e del Giudice.
In un sistema veramente dedito alla tutela del “supremo interesse del minore”, Luca sarebbe PRIMA CURATO e SOLO POI -e forse- oggetto di CTU
Si svolge in una grande città del Nord, ben popolosa.
Protagonista è un quindicenne di nome “Luca”, vittima di un terrificante conflitto genitoriale.
Ad un certo punto del contenzioso giudiziario, proprio mentre sta cominciando quel TERRIBILE MECCANISMO DI ESASPERAZIONE DEL CONFLITTO che è “la CTU”, decide di cambiare genitore presso cui vivere.
Chiameremo “GENITORE NORD” quello presso cui vorrebbe andare a vivere, e “GENITORE SUD” quello da cui andarsene.
Ci sono problemi logistici di un certo livello, e il giudice consiglia l’avvio di una psicoterapia. O comunque di un percorso a sfondo psicoterapico.
Il ragazzo, Luca, arriva presso uno studio di una collega, la dottoressa R.I., che lo visita insieme ad un collega.
La dottoressa R.I. è un ottimo medico, psicoterapeuta.
Il collega uno psicologo.
Entrambi concordano su un punto: Luca è terribilmente coinvolto nel conflitto, ne soffre veramente tanto, e si gioverebbe molto di un sostegno psicoterapico.
Luca, dopo una iniziale titubanza, decide di proseguire il percorso psicoterapico con la coppia. È contentissimo.
Viene fissata la terza seduta. Luca è contentissimo.
La terza seduta non avrà mai luogo.
La CTU, una professionista molto nota e molto gettonata (che qui chiameremo “dottoressa Marianna”), ha deciso che Luca non può cominciare alcuna terapia o consulenza -nonostante sia evidente quanto stia male e nonostante lui stesso voglia proseguire.
La collega medico e il collega psicologo vengono avvertiti solo pochi minuti prima dell'appuntamento fissato, che Luca non arriverà. Il “GENITORE SUD” -quello da cui Luca vuol fuggire perché lo picchia- invia un messaggio WhatsApp annunciando che Luca non viene.
Il motivo dichiarato è che la seduta di CTU sta durando troppo. “GENITORE SUD” non risponderà mai al telefono e non spiegherà altro.
Qualche giorno dopo la dottoressa contatta “GENITORE NORD” che, bontà sua, risponde. E spiega cosa è successo davvero.
La CTU, la dottoressa Marianna, ha deciso che prima si deve celebrare la CTU, poi Luca potrà curarsi. Questo nonostante lui stia male, molto male, e voglia incontrare di nuovo la dottoressa (medico) e lo psicologo.
Ve l’immaginate voi uno che va da un medico, gli viene posta la diagnosi di -poniamo- ulcera gastrica, ma non può iniziare a curarsi perché deve fare prima la CTU?
Qualcuno dirà: “ma Luca non sa nemmeno cosa gli accadrà, con chi vivrà, che futuro avrà! Meglio che prima si stabilizzi la sua vita, sa con chi andare a vivere, e poi lo curiamo”.
Il che è la prova che la priorità non è nel garantire al minore un percorso che assorba i suoi traumi, che ne curi la psicologia traumatizzata dal procedimento giudiziario, che gli garantisca un ascolto liberatorio e supportivo, ma è nel celebrare il rito di attribuzione del minore.
Dopo il quale si potrà curare le ferite nel frattempo procurate al povero Luca.
Questo sistema giudiziario non ha alcun interesse a tutelare i minori.
E questo caso (che rappresenta di fatto la norma) lo dimostra.
È un sistema che ha interesse SOLO A STRUMENTALIZZARE LA SOFFERENZA E LA MALATTIA CHE CREA (Luca soffre per il conflitto genitoriale, ma NON VA CURATO) per poter così celebrare i propri riti negando poi ogni importanza alle patologie che dice di voler sanare.
E che FA DELLA PATOLOGIA E DELLA SOFFERENZA DEI MINORI UN’ARMA DEL CONFLITTO ANCORA PIÙ POTENTE DELLE ALTRE.
Tanto è vero che evita accuratamente di curarla se turba il rito della CTU.
E intende la terapia del minore travolto dal conflitto genitoriale (e dunque portatore di lesioni da EVENTO STRESSANTE CRONICO) come un MOMENTO DI NORMALIZZAZIONE volto a fargli accettare le scelte della CTU e del Giudice.
In un sistema veramente dedito alla tutela del “supremo interesse del minore”, Luca sarebbe PRIMA CURATO e SOLO POI -e forse- oggetto di CTU