03 dicembre 2010

E IL DR. MAZZEO MI PREGO' DI ASTENERMI DA QUALSIASI CRITICA ALLA SUA ..."OSSERVAZIONE NATURALISTICA"

Da una pagina di Facebook il dottor Mazzeo mi prega di astenermi da ogni commento relativo ad un suo intervento.
Un intervento intitolato, guarda caso, “Padri violenti”.

Mi dispiace allora sottrarmi alle sue e calorose preghiere, ma la logica con la quale egli ha prima titolato, e poi “costruito” questo intervento, mi spinge a dire la mia.

Il suo scritto, infatti, altro non è che una lunga lista di casi da lui raccolti, nei quali una lunga e disgraziata serie di persone affette da gravi e gravissime patologie psichiatriche, è collegata - solo ed unicamente - ad un dato: quello di aver avuto un "padre violento".
Nè di loro si dice altro: solo la diagnosi, e il dato del padre violento. E basta.

Qualcosa che in medicina non è proprio ammissibile. 

Il collega dr. Mazzeo ha definita tale trista elencazione come qualcosa che "Non ha la pretesa di una ricerca, è solo una osservazione naturalistica".

Bello questo nome: “osservazione naturalistica".
In una lista del genere, vuol dire tutto e non vuol dire niente.

Precisiamo allora una cosa: che con il termine di "osservazione naturalistica" si intende usualmente, se non sempre, una descrizione relativa a piante, alberi, animali o fiori.


Uno psicoanalista armato di buone intenzioni, forse dedurrebbe da qui che per il dottor Mazzeo i suoi pazienti altro non sono che animali o vegetali: personalmente mi astengo dal far mio questo commento ma ne aggiungo subito un altro.

Credo che l'uso di tale termine -"osservazione naturalistica"- altro non sia che il tentativo di rendere poco trasparenti le acque della convalida scientifica di quel che si pensa e, soprattutto, di quel che si vuol far pensare.


Cioè del tentativo di dare validità logica ed argomentativa – quella validità che proviene dalla scienza e dalla casistica raccolta e discussa scientificamente – ad un elenco a cui formalmente si nega di voler dare velleità scientifiche.
Un giochetto comodo, insomma.

Nego di voler fare della scienza, nego di voler dare alle mie argomentazioni forza e validità scientifica, ma uso il titolo di specialista, e i modi di una casistica clinica, per indurre chi legge a seguire i miei ragionamenti.
Dicendo però che non sto trattando una casistica scientifica.
Ma qualcosa che, messo qui, non ha proprio senso.

Un bel “doppio messaggio”, insomma: far finte di non dire per dire, e dunque per far pensare, senza ammettere che si vuol condurre chi legge a convinzioni già scritte.
Per far pensare cosa?

Che i padri violenti causano la schizofrenia e la depressione maggiore. 
Questo è il messaggio che il dr. Mazzeo vuol far passare.

Un messaggio anch'esso ambiguo.
Perché non si può negare che il comportamento di un padre “violento” abbia effetti nefasti sui figli (e il dr. Mazzeo -ne siamo sicuri- ne sa sicuramente qualcosa).

Ma lui assolutizza il discorso. Per farlo in modo paradossale.
Perlomeno, lo fa in questa pagina di Facebook.


Perché -e questo è un dato che va assolutamente valutato- allorché il dr. Mazzeo scrive sulle Riviste Scientifiche realmente accreditate (come POL.IT, di cui è redattore), il dottor Mazzeo non riporta mai nella anamnesi dei casi che tratta, il rilievo del "padre violento"


Detto in altri termini, quando il dr. Mazzeo scrive su Riviste scientifiche accreditate, non cita assolutamente se il paziente aveva o no un padre violento.


E questo è grave: è grave perché dimostra come per il dr. Mazzeo psichiatra che scrive, in modo assolutamente serio e inappuntabile, su Riviste scientifiche di spessore, il comportamento del padre violento (o, se del caso, non violento) non ha alcuna importanza ai fini della trattazione del caso.
Scrivendolo più chiaramente: il dr. Mazzeo è il primo, sulle Riviste scientifiche accreditate, a non dare alcuna importanza al dato della presenza o meno di un "padre violento" in casi come quelli che poi, su Facebook, considera invece in tutt'altro modo. Quando scrive per le mamme di Facebook, considera infatti il dato del "padre violento" come l'unico dato da rilevare. Quando scrive sulle Riviste scientifiche non lo riporta in alcun modo e non indaga nulla sulla violenza familiare, ritenendola dunque ininfluente alla trattazione scientifica del caso!!!


Per una verifica degli articoli scritti dal dr. Mazzeo, e del suo totale non prendere in considerazione la violenza familiare come problema legato alla genesi della psicosi, vedere a questo link: http://xoomer.virgilio.it/andreamazzeo/riass.htm 


Su Facebook, invece, il collega in questione fa diventare il "padre violento"  l'unico dato da riportare, come se fosse il più importante.


Un atteggiamento scientifico assolutamente non condivisibile, e invitiamo il dr. Mazzeo a spiegarcelo.

Pochi post più sotto -forse non a caso, visto quanto detto sino ad ora - il dr. Mazzeo ha sottolineato come il concetto di “madre  schizofrenogena” sia stato abolito dalla psichiatria.
E lo ha detto in modo trionfalistico ed esultante:
il concetto di madri-frigorifero" e quello di "madre-schizofrenogenetica" sono “Concetti importati dagli USA ed in voga in Italia sino a tutti gli anni '80; ce li hanno insegnati durante il corso di laurea, alle scuole di specializzazione, sono state fatte migliaia di tesi di laurea e specializzazione, pubblicati libri ed articoli scientifici su questi concetti.
Oggi non sono più accettati dalla comunità scientifica, sono stati rigettati perché non scientifici ma basati sulle idee personali di Bettelheim, non supportate da evidenze scientifiche”.

Verissimo: allora tanto più si deve però evidenziare come non possa esistere nemmeno il padre “schizofrenogeno” o “depressivogeno”, violento o no che sia.

Eppure, in modo molto surrettizio, giocando sulla differenza fra “casistica clinica” e “osservazione naturalistica”, una differenza che non c'è ma che Mazzeo fa valere solo sui piani argomentativi e connotativi che più gli convengono, Mazzeo afferma -meglio: cerca di farci pensare- che “padre violento” significhi schizofrenia e depressione.
E che lo significhi sempre, e senza che concorrano altri fattori.

Usa una modalità scientifica per far palesare un nesso di causa-effetto che ne escluda altri, il collega Mazzeo: ma negando di farlo, dal momento che nega al suo elenco di casi il valore di casistica scientifica.
Però presenta tutti i casi come se il problema fosse nel padre violento: : e questo ci appare scientificamente e comunicazionalmente non trasparente.

Intanto, per questa “negazione della negazione” che fa risaltare, negandola, la scientificità dell'elenco in questione, e la scientificità del nesso di causa, attribuito al “padre violento” capace di indurre psicosi (laddove si esulta perché non esiste più la possibilità di attribuire alla sola madre la capacità di indurre psicosi).

E poi perché, appunto, non viene narrato nulla relativamente ai casi in questione: se non che c'era un padre violento.

Basta ora consultare qualunque manuale, o articolo, o Rivista, che si occupi di “depressione” e “schizofrenia”, per comprendere quanto complesso sia il rapporto fra la situazione ambientale, le componenti genetiche, e quelle familiari (adesso, si discute persino sugli apporti alimentari circa la genesi della depressione e della schizofrenia!): e dunque quanto basta per definire parziale -tacendo della possibile faziosità- il nesso che il collega Mazzeo vuol farci intravedere fra “padri violenti”, e psicosi.

Vero è che un padre violento genera gravi disagi.

Ma dai tempi della Terapia Familiare, si è dato ormai per scontato che l'apporto della madre è pari a quello del padre: vuoi che si tratti di una madre “passiva”, ovvero ambiguamente collusa con i figli o con il marito, la madre del “paziente designato” ha la stessa importanza del padre nel definire la psicopatologia del figlio Non parliamo poi degli apporti quotidiani della genetica, delle neuroscienze, e di tutto le conoscenze sull'impatto ambientale: che hanno dimostrato incontrovertibilmente come il problema delle psicosi sia terribilmente compkesso e multifattoriale.

Il collega Mazzeo, invece, nulla ci dice del ruolo della madre nei suoi casi clinici.
Tace anche sulla anamnesi familiare, sul contesto socioeconomico, sulla presenza di altri casi di psicosi in famiglia.

Intitola la sua lista “PADRI VIOLENTI”, e fa pensare a noi che il problema sia tutto là.
Se lo intitolava “acqua corrente”, era la stessa cosa: tutti i pazienti descritti bevevano acqua corrente, e il nesso di causa fra la loro patologia e il “padre violento” è, in quello scritto, altrettanto dimostrato quanto il nesso di causa fra la loro patologia e quello che bevevano a tavola.

Un'operazione dunque tutta da criticare, quella del collega: e non mi sembra strano che mi abbia pregato di astenermi dalle critiche.


In realtà, il testo in questione dice di fondamentale solo una cosa: che in quel testo l'autore ha nascosto tutti i dati che potevano far pensare che la natura del fenomeno sia talmente complessa che attribuirla ad un solo genitore è quantomai improponibile.

Tanto è vero che lo stesso dottor Mazzeo più in basso esulta perché hanno abolito il concetto si “madre schizofrenogena”. 

Nel senso: abbiamo scoperto che un genitore, da solo, non causa proprio nulla. Difatti, è falso ipotizzare che tutti i figli di padre violento siano schizofrenici o depressi: il che significa che per far sviluppare una psicosi ci voglia di più che un singolo genitore "malato".

Se si tratta della madre fredda e a doppio messaggio, si esulta per il suo depennamento -come singolo genitore- dalle cause dei disagi dei figli.

Se si tratta invece del padre, gli si appiccica il concetto di “violento” (laddove “violento” è il nesso di una relazione e non un dato in sé: ce lo insegnano tutta la moderna psichiatria e la moderna epistemologia), poi si dice che quella è “solo una osservazione naturalistcia” e non una casistica scientifica (e si nasconde così l'arma della evidenza della scienza), e il gioco è fatto.

Gioco?

Quella è una pagina nella quale si pubblicizza il nome e il cognome della madre di una bambina abusata. Una bambina che in tal modo è dunque riconoscibilissima da chiunque la frequenti. 
Altro fatto che mi lascia molto perplesso, è che in quella pagina si pubblicizza come la mamma abbia - proprio in virtù di questi abusi subiti dalla figlia - un bel gruppo di "fan".


Un gioco molto pesante, nella mia opinione, ai danni di questa bambina.

La cui madre non ha alcun timore di esporre la figlia alla curiosità – e alla curiosità anche perversa – di chi, conoscendola, si chiederà cosa significa quella pagina, cosa significa il suo titolo, e perché tutti dicono che la figlia di quella signora è stata abusata.

Lo ripeto: a mio avviso, esporre così, e sia pure indirettamente, i bambini alla curiosità di amichetti, insegnanti, genitori degli amichetti, vicini di casa, ha qualcosa di poco bello e poco dolce proprio verso il bambino in questione.
Scusate, ma detesto il Grande Fratello e l'extimità dei social network.

Cosa è l'extimità?

L'invenzione di uno psichiatra.
Che però si chiama Willy Pasini e parla dell'intimità. Ai tempi di Internet e Facebook.
Appunto: una bambina abusata non ha più intimità, se ne mettono la storia in modo tanto riconoscibile su Internet.
Bella tutela delle vittime dei pedofili...

Dr. Gaetano GIORDANO
Medico-Chirurgo
Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni
Psicoterapeuta


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