14 settembre 2006

A CIASCUNO IL SUO ABUSATO

La vicenda della piccola bielorussa che la famiglia affidataria non vuol restituire alla struttura di provenienza, dove è stata abusata, è quanto mai indicativa.

In Italia il costume è infatti che il Tribunale dei Minori impedisca al genitore pseudoabusante, anche se mai condannato come tale, di incontrare il bambino: basta il benché minimo sospetto, il più minuto esposto, anche se – come spessissimo avviene – palesemente strumentale a una guerra divorziale.

E c’è di più: il Tribunale interrompe ogni contatto con il genitore al benché minimo sospetto, ma i rapporti non riprendono nemmeno quando si dimostra l’innocenza del genitore: devono passare anni di incontri protetti, prima che il piccolo lo riveda.

Evidentemente le bambine bielorusse non hanno il Diritto a ricevere le tutele dei bambini italiani in tema di abuso.

Oppure si deve pensare di peggio: e cioè che il pugno di ferro si usa proprio quando si sa che non ci sono abusi.

Gaetano GIORDANO

DA repubblica.it:


Bimba bielorussa: la famiglia non cede

Genova, il tribunale dei Minori ha deciso che deve tornare in patria

ma che prima sarà affidata a una struttura italiana per essere curata

"Continueremo a tenerla nascosta"

I coniugi Giusto non sono d'accordo: "Ci appelliamo allo Stato"

Un altro bambino, ospite di una famiglia piemontese, denuncia i maltrattamenti

GENOVA - La piccola Maria, almeno per ora, non sarà restituita. Non basta, alla famiglia genovese affidataria della bambina bielorussa, il provvedimento del Tribunale dei minori, che ha deciso che la piccola, 10 anni, deve tornare in patria, ma che prima verrà ospitata in una struttura italiana per essere curata da un'equipe mista italo-bielorussa. La decisione del giudice Sansa non ha fatto cambiare idea a Alessandro Giusto e Chiara Bornacin che continueranno - hanno detto - a tenere nascosta la bimba. La coppia fa appello allo Stato "perché si faccia carico della salute e dell'integrità fisica della bambina".

"Nessuna nuova apertura da parte del tribunale - commenta la madre affidataria - il provvedimento prevede solo che non vengano attuati, da parte delle forze dell'ordine, atti di forza nei confronti di Maria, qualora venga ritrovata, per riportarla in patria". Per questo, il provvedimento parla di "idonea struttura di accoglienza per il tempo strettamente necessario" alle autorità bielorusse per organizzare il rientro in patria della bambina.

La decisione di questa mattina sembrava rappresentare una svolta nella vicenda che sta appassionando la città e scatenando discussioni anche a livello politico e internazionale. Il tribunale dei Minori aveva infatti cercato di tener conto di tutte le esigenze: quelle della salute psico-fisica di Maria, e quelle di uno Stato sovrano come la Bielorussia che si è impegnato a tutelarla e a indagare sulle violenze e i maltrattementi che avrebbe subìto nell'orfanatrofio da cui proviene.

Di fatto, oltre al periodo di ulteriore permanenza in una struttura italiana, una volta tornata in patria Maria sarebbe stata seguita dalla stessa equipe italiana di psicologi che la segue adesso, e la pratica di adozione dei coniugi genovesi sarebbe andata avanti. Il rimpatrio vero e proprio, dunque, sarebbe avvenuto solo una volta verificate, dai medici italiani e da quelli bielorussi, le sue condizioni.

Una prima reazione dell'avvocato della famiglia affidataria era già sembrata negativa. Per il legale, Giovanni Ricco, la decisione del giudice "non modifica sostanzialmente la decisione del 6 settembre scorso (che ordinava la restituzione della piccoola per il rimpatrio, ndr), ma definisce solo le modalità di riconsegna della bambina allo scopo di evitarle un trauma".

Nei giorni scorsi, la vicenda aveva causato un piccolo incidente diplomatico. I genitori affidatari avevano nascosto la bimba, e l'ambasciatore bielorusso in Italia, Alexei Skripkom, aveva garantito che la piccola sarebbe stata curata con la massima attenzione nel suo Paese. Tuttavia, aveva anche minacciato, in assenza di una rapida soluzione del problema, l'interruzione della collaborazione sulle adozioni.

Nel frattempo un altro bimbo bielorusso, affidato per le vacanze estive a una famiglia di Ovada (Alessandria), ha raccontato di violenze subìte dai suoi compagni nello stesso istituto. Il piccolo, che ha 11 anni, ha raccontato tutto all'équipe multidisciplinare contro il maltrattamento e l'abuso sull'infanzia e adolescenza dell'Asl 22 di Novi Ligure (Alessandria), alla quale i coniugi ovadesi si erano rivolti avendo notato cambiamenti nel suo comportamento. Il ragazzino ha parlato di maltrattamenti e violenze, di giorno e di notte, da parte dei ragazzi più grandi nei confronti di bambini e bambine.

(13 settembre 2006)

Nessun commento: